Roma, 18 ott – Mi rivolgo ai giovani, ma non ai giovani come categoria prettamente anagrafica. Mi rivolgo ai giovani più fighi di tutti, che fanno tutti i meme edgy contro i vecchi di merda come si chiamano su Facebook.
Tu che sei fiero di essere la generazione più cosmopolita e progredita di sempre, che a differenza dei tuoi genitori conosci perfettamente l’inglese, hai viaggiato, ti diverti con Mentana che blasta gli ignoranti, che grazie a Vice sei sempre informato sull’ultimo grido del momento, che sorridi sprezzatamente quando qualcuno nomina la civiltà italiana. Mi rendo conto che ti senti superiore a chi non ha avuto le possibilità che hai tu. Mi rendo conto che ci sono persone un po’ ignoranti che a te fanno storcere il naso. Mi rendo conto sopratutto che i più anziani fanno spesso parte di questa categoria a te tanto avvisa. Onestamente, non hai tutti i torti: spesso i vecchi sono duri di comprendonio, e fanno fatica ad adattarsi ad un mondo che inevitabilmente cambia e che cambia così in fretta. Vengono da una generazione in cui l’università ed i viaggi all’estero erano un lusso di pochi, e per leggere un libro di teoria economica bisognava alzarsi e andare in libreria (libreria che nei centri abitati più piccoli manco c’era), non si poteva leggere al computer stando comodamente seduti a casa.
Mi rendo anche conto che il mondo che loro rappresentano è così diverso dal mondo che rappresenti tu. Si viveva nei piccoli insediamenti, dove non c’erano i locali notturni aperti fino alle 3 di notte, dove tutti conoscevano tutti, dove tutti parlavano lo stesso dialetto e non c’erano stranieri, dove non potevi muoverti da un paese all’altro senza prendere la macchina, e non c’erano gli smartphone con cui essere sempre in contatto con chiunque. Attenzione, sembra che io ne parli con nostalgia ma non è così: non ho mai vissuto quel mondo, perché sono nato e cresciuto negli anni ’90 in una grande metropoli del nord, e non sto nemmeno implicando in qualche modo che quel mondo di un tempo fosse necessariamente migliore del mondo di oggi, semplicemente prendo atto delle sostanziali differenze tra generazioni. Ti capisco se mi dici che odi quella vecchia Italia che i vecchi italiani incarnano, come si vede dai tuoi meme edgy: è nell’ordine naturale delle cose che i figli si ribellino ai padri.
Però ogni tanto si passa il segno, e il segno l’hai passato con l’augurare il cancro a una vecchietta che non ti ha fatto niente, per la sola ragione che la vecchietta in questione è involontariamente balzata al centro della ribalta in un recente scandalo sull’iper-burocratizzazione delle leggi italiane, ed è involontariamente finita sotto l’ala protettiva di personaggi che tu consideri tuoi nemici politici e financo spirituali. Ora, mi rendo conto che, da un punto di vista strettamente legale, la vecchietta in questione è nel torto; mi rendo anche conto che tutto l’interesse mediatico attorno a lei scade spesso nel melenso e nel paternalistico, oltre ad essere forse esagerato di fronte a casi di emergenza abitativa in Italia molto più tragici. Mi rendo conto benissimo di queste cose, ma queste cose non bastano di certo a giustificare tutto questo livore. Il cancro è una cosa che non si augura.
No, ci deve essere un’altra ragione dietro, e la ragione è antropologica: la vecchietta in questione rappresenta quel mondo che, come ho già detto prima, tu odi. Quell’Italia che un Pasolini ha messo su carta molto meglio di quanto potrei fare io, mentre invece tu ami il mondo dei grandi grattacieli pieni di Starbucks e di multiculturalismo. Ma c’è una ragione fondamentale, un’unica ragione, per cui cari giovani vi siete messi in testa che il mondo della vecchietta ed il vostro non potranno mai scendere a patti: la vecchietta viene da un mondo in cui, come ho già accennato, tutti conoscevano tutti, e alla società dovevi rendere conto delle tue azioni; c’era una discriminazione tra autoctono e straniero, tra produttore e parassita, tra bello e brutto, tra bene e male. C’era sempre dietro di te una società che non ti lasciava inseguire l’ideale dell’eterna adolescenza, del lavoro e del divertimento dopo il lavoro ripetuto fino alla morte, del non curarsi di cosa lasceremo al mondo. Questo spiega il tuo odio: la vecchietta, di per sé, non ti ha fatto niente, quello che tu odi fino al midollo sono i riti e le gerarchie di quel mondo in cui lei è cresciuta, e quel mondo che ancora oggi col suo peso nella politica e nella cultura ti proibisce di instaurare la tua utopia di libertà assoluta. Ecco perché la furia distruttiva, il cancro, i meme e tutto il resto.
Concludo con una frase che sembra uscita dalla fiera della banalità: non dimenticarti che un giorno sarai anche tu vecchio. Che un giorno qualcuno farà i meme contro il mondo che avrai rappresentato tu (e a dire il vero, molti lo stanno già facendo ora), e sarai anche tu il vecchio di merda di qualcuno (così è nell’ordine naturale delle cose). E verrà anche per te il momento che dovrai sederti a riflettere, e finalmente chiederti cosa rappresenti tu per le generazioni che vengono dopo di te.
Edoardo Pasolini
6 comments
uno dei migliori pezzi di sempre.
bravissimo Edoardo Pasolini.
Splendido. Grazie. Ritratto fedele di giovani schiavi startuppari…
…leoni da tastiera con la zucca piena di cazzate. Ci penserà la vita a prenderli a ceffoni.
Bellissimo pezzo che scopro solo ora. Le nuove e nuovissime generazioni rappresentano lo schifo in assoluto : accanto a sporadici esempi virtuosi abbiamo masse di iper-coglioni a cui si deve tutto standosene zitti. Figli di genitori inadeguati e mai cresciuti, adulti mancati che generano bastardini viziati anelanti la libertà assoluta e irresponsabile. Che faranno arrivati alla 1/2 età quando verranno messi da parte sia nel lavoro che nella società ? Quando, appunto, anche loro saranno dei “vecchi di merda” ?
Qua nessuno viaggia o conosce l’inglese fra i giovani. E blastare dove l’avete sentito? Ma almeno non siamo novax e negazionisti del COVID.
I giovani disprezzano gli anziani perché i “nonnini” hanno vissuto una vita intera fregandosene del debito pubblico, dell’ambiente e della sostenibilità delle loro scelte, svendendo così il futuro delle generazioni a venire. E tutto ciò, ai nonnini, non basta perché credono pure di poter fare la morale ai giovani che devono, per forza, rimediare agli errori fatti dalle generazioni passate.