Roma, 3 giu – Sono circa un milione e duecentomila euro i fondi stanziati dal Ministero della Cultura in India per l’acquisto di test del Dna, con relativi macchinari, per un’operazione che vuole mappare e “tracciare la purezza delle razze” dei suoi circa 1,4 miliardi di abitanti.
India shock
A riferire la notizia, che ovviamente ha provocato polemiche feroci, è stato il quotidiano The New Indian Express che ha spiegato che il processo di acquisizione sarebbe iniziato di recente, a seguito di un incontro avvenuto due mesi fa a Hyderabad, dove hanno partecipato il segretario del ministero Govind Mohan, l’archeologo Vasant S. Shinde e diversi studiosi del Birbal Sahani Institute of Paleosciences. Shinde, che è professore al National Institute of Advanced Study di Bangalore e direttore del Rakhigarhi Research Project, è un noto sostenitore della narrativa maggioritaria Indù, che rifiuta la teoria secondo cui la razza ariana è emigrata in India e ha spostato la popolazione indigena del Paese. Un’opinione sposata anche dal “Partito del popolo”, il Bharatiya Janata Party di Narendra Modi, attualmente al governo. Un supporto non da poco dato che il partito ha anche un importante record mondiale: infatti, con un totale di 180 milioni di fedelissimi è il primo movimento al mondo per numero d’iscritti, ed è attualmente alla guida di una delle potenze asiatiche (nucleari) più importanti.
Politiche d’altri tempi?
“Vogliamo vedere come è avvenuta la mutazione e la miscelazione dei geni nella popolazione negli ultimi 10mila anni. La mutazione genetica dipende dall’intensità del contatto tra le popolazioni e dal tempo impiegato da questo processo. Avremo quindi un’idea chiara della storia genetica. Potresti anche dire che questo sarà uno sforzo per tracciare la purezza delle razze in India”, ha detto Shinde nell’intervista rilasciata al quotidiano indiano. Le parole del professore hanno ovviamente scaturito polemiche a non finire. “L’ultima volta che un Paese ha avuto un ministero della cultura che studiava la purezza razziale, non è andata a finire bene. L’India vuole sicurezza del lavoro e prosperità economica, non purezza razziale” ha affermato Rahul Gandhi, figlio di Sonia Gandhi, dell’Indian National Congress agitando lo spauracchio (tipico) della Germania degli anni ’30. Peccato che le politiche razziali non le abbiano inventate i tedeschi, ma vallo a spiegare…
Storia genetica o purezza razziale?
Sui social si è espresso anche Jairam Ramesh, esponente dello stesso partito d’opposizione e membro della camera alta del parlamento. “Niente può essere più sinistro della decisione del ministero della Cultura di acquisire macchine per il profilo del DNA per stabilire la storia genetica e tracciare la purezza delle razze in India. La storia genetica è una cosa, ma la purezza razziale?”, ha twittato. In ogni caso, a seguito delle parole di Shinde, l’Anthropological Survey of India di Calcutta, che sin dall’inizio ha fatto parte del progetto cominciato nel 2019, ha espresso “riluttanza” nel procedere. L’obiettivo iniziale, spiegano al The New Indian Express, era quello di “sviluppare una risorsa di linee cellulari e campioni di DNA che possano essere utilizzati per studiare il polimorfismo della sequenza del DNA nelle popolazioni indiane contemporanee”. L’organizzazione aveva precedentemente affermato di voler comprendere la diversità genetica delle popolazioni indiane tra i vari gruppi etnici in tutto il Paese sulla base del risequenziamento dei genomi aploidi ma ora sembra che il progetto abbia preso altri fini politici oltre a quelli scientifici. Un nuovo scandalo per l’India di Narendra Modi, che è già finito nel mirino del “Rapporto sui diritti umani” redatto dagli Stati Uniti, in cui l’India è sotto osservazione per l’ondata di violenze contro le comunità minoritarie tribali e religiose in tutto il Paese.
Sergio Filacchioni