Roma, 14 mar – L’immigrazione clandestina è stata affrontata dal governo nel suo primo anno di mandato in modo molto blando per non dire apertamente deludente. Ora la situazione va un po’ meglio, come mostrano gli ultimi dati riportati sul Secolo d’Italia. Ma c’è un problema, e non è da poco.
Immigrazione, ora i numeri premiano il governo
L’immigrazione irregolare ha dei numeri che possono confortare il governo, visto che gli sbarchi sono in costante calo da ottobre 2023, come certificano i dati del ministero dell’Interno e anche quelli di Frontex, l’Agenzia europea per la protezione delle frontiere. Quanto al 2024, le rotte irregolari sul Mediterraneo centrale sono diminuite del 70% rispetto ai primi due mesi dello scorso anno. Discorso diverso per l’Africa occidentale e il Medirerraneo orientale, che al contrario hanno registrato un aumento dei flussi. Da menzionare anche il crollo degli ingressi dal Paese che l’anno scorso aveva registrato la crisi economica interna peggiore, la Tunisia: da lì, i numeri sono diminuti dell’80 e anche del 90%. Un successo per l’esecutivo? In parte. Perché nel computo generale va tenuta presente una questione ignorata dalla cultura di massa, ma che ha un peso enorme.
Legalizzazione della clandestinità
Il decreto flussi parla chiaro: nel 2024 arrivano altri 151mila lavoratori stranieri. Che non eliminano il problema dell’attacco alle fasce deboli della popolazione per occupazione, reddito e perfino case popolari, senza contare nemmeno la difesa dell’identità e della cultura nazionali che non hanno meno valore, anche se parlarne oggi sembra quasi esprimersi in modo scurrile. Togliere da una parte e “mettere” dall’altra è un gioco delle tre carte che non limita granché l’immigrazionismo, come cultura ancor prima che come fenomeno. Sull’immigrazione, dunque, il governo dà segnali di risveglio, ma non ancora di opposizione reale al fenomeno.