Roma, 1 lug – La liquidazione del “sovranismo” è stato il tema degli ultimi anni. Dal 2020 in poi, il termine è stato spesso criticato, così come l’approccio politico ad esso collegato, in favore di non si capisce bene quali visioni dissidenti di Europa (sostanzialmente uquali a quella amata dai dem continentali, con differenze unicamente etico-tradizionali, per di più improntate sul non contestare un impianto sistemico le cui regole sono comunque in gran parte dettate dai liberal progressisti: l’economia stessa è non pervenuta, soprattutto per quanto concerne una contestazione del libero mercato ormai rimasta un’espressione per lo più teorica ma mai affrontata concretamente). L’estinzione annunciata del sovranismo, però, non ha nessun riscontro nella realtà, specialmente se parliamo di quella popolare.
Sovranismo politico e sovranismo popolare
Il sovranismo politico è a tutti gli effetti un morto che cammina, e i partiti che formano il gruppo europeo “Identità e democrazia” hanno più o meno tutte tirato i remi in barca sui temi principali, non solo Matteo Salvini ma anche Marie Le Pen, pealtro enza mai essere andata al governo. Come ricordiamo spesso, lo stesso Carroccio deve il suo declino elettorale a questo abbandono. Il che, in termini pratici, ci conduce alla questione veramente importante: il sovranismo popolare. Sono ormai troppe le elezioni, sia nazionali che europee, in cui il popolo vota costantemente chi percepisce come più ostile all’Ue e alla gabbia economica e sociale da essa incarnata. Da noi, prima Salvini e Cinque Stelle, oggi Giorgia Meloni. Nonostante la politica di quest’ultima sia tutt’altro che anti-europeista, da quando, qualche mese prima del voto, si era fiutata la vittoria del suo partito e del centrodestra. Però Meloni è anche l’esponente politico che più insiste sul concetto abbastanza fumoso del “cambiamento dell’Europa dall’interno”, che suona un po’ come “se non possiamo scioglierla, possiamo almeno giocarci da protagonisti”: è probabile che questo atteggiamento attiri un bel numero di anti-europeisti magari attirati dal cosiddetto “voto utile”.
Ovviamente, percezione e realtà sono due cose diverse, ma finché dura l’illusione della prima, i trend restano piuttosto definiti. La realà dei movimenti “sovranisti” è abbastanza imbarazzante: in Francia, Spagna e Italia si molla praticamente ogni questione di contestazione all’esistenza a Bruxelles come regime politico e socio-economico. Non ancora in Germania, dove AfD, pure dopo le ultime elezioni, ha mantenuto posizioni coerenti, e così anche l’Austria, con l’FPÖ (Partito della Libertà), che dopo l’oltre 25% dei voti ottenuto alle europee ha deciso di abbandonare proprio “Identità e democrazia”, a seguito della cacciata da quest’ultimo proprio del partito dissidente tedesco. Al contrario di quello politico, il sovranismo popolare è vivissimo, e lo dimostrano sia le elezioni del 2019 ma che quelle concluse qualche settimana fa: del resto, se Ursula von der Leyen prova ad “avvicinare” l’appoggio della Meloni per la sua riconferma, nonostante i voti di Fratelli d’Italia non siano in teoria necessari, un motivo c’è: l’attuale presidente della Commissione ha paura dei cosiddetti franchi tiratori durante il voto segreto ed è intenzionata ad allargare il più possibile il suo concenso.
Restare fuori dalla storia con l’illusione di esserne protagonisti rivoluzionari
Con il pretesto di considerare il sovranismo avulso da qualsiasi solida formulazione teorico-ideologica (il che, senza dubbio, è vero) lo si è inquadrato più o meno alla stregua di una cartaccia in ufficio dal buttare nel cestino vicino alla propria postazione di lavoro. La continua crescita dei movimenti sovranisti più coerenti (come FPÖ e AFD, appunto), il crollo di coloro che hanno manifestato in malo modo le proprie marce indietro ideologiche (Lega) e l’ascesa vertiginosa mista a solidità di consensi di chi “comunica” sovranismo pur esercitandolo poco o nulla (FdI in Italia, Rn in Francia, Vox in Spagna) dimostrano però l’esatto contrario. C’è chi ne prende atto in modo politico, come avviene nel caso dell’Ungheria di Viktor Orban, il quale non casualmente è promotore principale della nascita del gruppo ““Patrioti per l’Europa” in cui ci saranno proprio gli austriaci dell’FPÖ ma anche il primo partito ceco “ANO”.
Ciò nonostante, il sovranismo continua a trovarsi in uno stato di coma in buona parte degli ambienti culturali, da alcuni anni. Potremmo dire, in effetti, che oltre al sovranismo politico, sia sotto terra anche quello culturale. Nonostante negli anni di questa “svolta” ci sia stato anche chi abbia mantenuto il punto, come il collega Valerio Benedetti. Il sovranismo popolare non solo è vivo, ma manifesta in modi diversi sempre maggiori insofferenze. C’è chi lo ha capito, come Orban, e chi si illude che sia addirittura arguto starne fuori, proponendo versioni continentali speculari a quelle progressiste ma con tanta ostilità ai gender e agli Lgbt i quali diventano a questo punto gli unici temi di reale differenza tra le due visioni. Vien quasi da dire, polemicamente: “Forse basterebbe mettersi d’accordo…”
Stelio Fergola