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Il noiosissimo “antifascismo” di Marinelli

by Stelio Fergola
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antifascismo Marinelli

Roma, 11 set – Fa un po’ ridere la definizione di “antifascismo”, lo sappiamo, e non solo per le parole di Luca Marinelli di qualche giorno fa. Fa ridere perché, a livello di analisi storiche serie (Ernesto Galli Della Loggia o Emilio Gentile, rigorosamente quando non sono in televisione), esso viene definito per quel che è: un’alleanza di scopo sopravvissuta lo spazio di una guerra civile. O, essendo molto generosi nel definire quanti si opposero realmente al regime, un dissenso durati una ventina d’anni. Stop. Non c’è altro. Rigorosamente confinato al 1943-1945 nella peggiore ipotesi, dal 1925 al 1945 nella migliore (per gli antifascisti, ovviamente). Tecnicamente, “non esiste” l’antifascismo. È esistito, ma non ha alcuna ragione di sopravvivenza attuale. L’unica ragione per cui viene comunicata questa storia del tutto virtuale è una: creare un argomento politico e mantenerlo vivo come strumento di eliminazione della dissidenza attuale. Stop. Ovviamente, gli artisti e i vip sono in primo piano nel rafforzare il sistema dominante, un secolo fa fascista, adesso di ben altro orientamento. E Marinelli non fa eccezione.

Antifascismo, un’ideologia inventata a cui i Vip come Marinelli si accodano volentieri

L’antifascismo di Marinelli – o sedicente tale – è stato professato perché l’attore, come è noto, ha interpretato Benito Mussolini nella serie tv M – Il figlio del secolo, basato sul romanzo di quell’altro genio della storia che risponde al nome di Antonio Scurati, quello che lamentava le censure Rai inesistenti e leggeva i suoi monologhi in giro per l’Italia, per intenderci. “Doloroso” interpretare il Duce, diceva Marinelli, però poi l’attore è tornato ad essere “antifascista”, dice sempre lui. Antifascista in cosa, di grazia? In una dichiarazione pubblica, in un post su Facebook, in un’intervista?

Cosa diamine c’entra questo teatrino mediatico, verbale, teatrale /(nel senso peggiore del termin) con ciò che accadde ormai ottant’anni fa? Nulla, perché, come si diceva prima, l’antifascismo è esistito, ma non esiste. Al massimo viene rappresentato scenicamente, ma non ha nessun appiglio per poiter “agire” nella realtà. Non c’è nessun “fascismo governativo” da combattere, non esiste niente di tutto ciò. È un mondo immaginario, ridicolo, imbarazzante. Spesso apertamente criminale come quello “vero”, e gli anni di piombo ne sono dimostrazione fulgida. Un universo del nulla a cui si appiglia chi ha bisogno di mettersi in mostra, chi non ha argomenti politici reali e concreti da portare avanti, chi non ha una visione dell’Italia (se non distruttiva), chi deve comunque sottolineare la propria immagine dopo un ruolo  televisivo “scomodo” (Marinelli, appunto), chi non ha niente da dire e sopratuttto da fare.

Se non dal proprio salotto, in compagnia dei colleghi, o di fronte a giornalisti che recitano insieme a lui. Ma non in un film, nella vita. Il che è infinitamente peggiore e più triste.

Un grande attore

C’è il brutto vizio, tra gli schieramenti politici e ideologici di qualsiasi radice, di giudicare ciò che è fuori della politica con gli occhi delle simpatie del proprio “colore”. Quindi, qualcuno potrebbe dire che Luca Marinelli sia un attore scadente. E sicuramente qualcuno lo sostiene. Non è così e non commetteremo questo errore, perché siamo onesti intellettualmente, a differenza di Marinelli (ammesso che si possa parlare di profilo “intellettuale” per fargli un enorme favore, sia chiaro). Aggiungeremmo “purtroppo”. Perché purtroppo, Marinelli è anche un grande attore, e ci rammarichiamo di questo perché siamo costretti a non affondare il colpo anche dal punto di vista artistico. Ci rammarichiamo anche del fatto che un interprete di questo livello faccia politica a livelli così bassi. Sappiamo bene il perché, sia chiaro. Però ciò non può nascondere l’amarezza di constatare quanto le banalità siano davvero “democratiche”: possono proferirle davvero tutti, che siano grandi artisti o meno.  Fin quando si parla di Scurati, fa ridere e basta: non è un grande scrittore, non è uno storico e non è nemmeno un bravo giornalista. Se però la banalità viene da una figura valida – nel suo campo – sì, fa decisamente più male.

Stelio Fergola

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