Roma, 10 mag – Dopo pochi mesi dall’inizio del conflitto in Ucraina, e soprattutto delle relative sanzioni portate avanti dai paesi occidentali, si iniziano a vedere le prime conseguenze sul mondo del lavoro e in particolar modo sulle imprese italiane. Le richieste di cassa integrazione autorizzate dall’Inps a marzo sono state circa il 20% in più rispetto al mese precedente, a pesare sulle aziende (principalmente imprese metalmeccaniche) sono i rincari energetici e le difficoltà di approvvigionamento di materie prime e semilavorati. Russia e Ucraina rappresentano circa il 53,1% dell’export mondiale di ghisa e il 40,3% di semilavorati siderurgici, e nonostante il tentativo di ricorrere a fornitori alternativi, questa mancanza di materie prime si sta scaricando sui prezzi, ormai raddoppiati.
Le sanzioni mettono in difficoltà la siderurgia
Inoltre, le sanzioni messe in atto dai paesi Ue rendono impossibili i pagamenti e bloccano il commercio tra imprese, ad essere particolarmente sotto pressione è il settore siderurgico per la quasi totale mancanza di materie prime: dalla Russia acquistiamo il 67% del carbone e l’87% del preridotto, tutti materiali indispensabili per la produzione di acciaio. Mentre il costo di produzione di una tonnellata di acciaio con forno elettrico, che occupa l’80% della produzione nazionale non avendo produzione a ciclo integrale, si aggirava intorno ai 600 euro, ora si è arrivati a quasi 1000 euro; l’Italia è uno dei paesi più esposti agli aumenti dei costi dell’energia e più dipendenti dall’estero per le materie prime.
Mancanza di sovranità
La situazione che si sta creando ha come conseguenza principale, oltre che l’invasione di Putin nel territorio ucraino, le sanzioni portate avanti contro la Russia. Il giudizio su quanto stia facendo il governo Draghi e l’Ue non può che essere insufficiente, l’Italia in particolare sta pagando la mancanza di una sovranità politica, economica ed energetica oltre chel’assenza di una politica di prospettiva per i settori strategici e per la produzione energetica, mentre l’Ue si mostra sempre più il cane da guardia degli interessi Usa.
Andrea Grieco