Roma, 13 gen – Il mese di gennaio prende il nome da un’antichissima divinità romana: Giano. In realtà nel primo calendario lunare, redatto da Romolo, l’anno iniziava dal mese di Marzo e terminava dopo dieci mesi con quello di dicembre (come suggerisce, infatti, l’etimologia del nome). Fu poi Numa Pompilio ad aggiungere i mesi di gennaio e febbraio, anche se, in ogni caso, l’anno sacro per i romani iniziava sempre dal 1° marzo.
Per comprendere meglio il significato del mese e la sua essenza, è opportuno fornire qualche informazione aggiuntiva sul Dio Giano.
Macrobio nei Saturnali riporta la notizia che Giano regnò sull’Italia e sua roccaforte era il colle del Gianicolo. Dotato di due volti, in grado di guardare avanti e indietro, possedeva cioè la conoscenza del passato e la capacità di prevedere il futuro. In seguito ospitò Saturno, giunto per mare presso di lui e dal quale imparò l’arte dell’agricoltura, per ringraziarlo di ciò lo associò al suo regno. Saturno poi improvvisamente scomparve e Giano gli rese onore chiamando Saturnia tutta la regione sottoposta al suo potere e gli consacrò un altare con i riti sacri che chiamò saturnali. Giano aveva potere su tutte le porte (ianuae) e veniva rappresentato con una chiave ed una bacchetta. Le porte del tempio di Giano erano aperte con l’ingresso in guerra e chiuse nei momenti di pace. L’origine di questa usanza si collocava nella prima guerra contro i sabini. Per respingere i nemici che accorrevano con impeto, i romani decisero di chiudere la porta che era sotto le radici del colle Viminale, ma dopo che fu chiusa, subito si aprì spontaneamente. Essendo accaduto questo per due e tre volte, molti uomini armati restarono a vigilare come custodi sulla soglia, poiché non potevano chiuderla. Diffusasi all’improvviso la voce che i romani erano stati sconfitti da Tito Tazio, scapparono impauriti. Quando però i sabini stavano per irrompere attraverso la porta aperta, si dice che dal tempio di Giano uscirono, attraverso questa porta, torrenti impetuosi dalle acque gorgoglianti e molte schiere nemiche perirono bruciate dai flutti bollenti o inghiottite dai gorghi travolgenti. In seguito a ciò si decretò che in tempo di guerra le porte del tempio di Giano restassero aperte, come se il Dio fosse partito in aiuto della città.
Un vecchio adagio contadino recita “chi semina a gennaio, raccoglie tutto l’anno“, intendendo con ciò la necessità di preparare bene il terreno nel momento d’inerzia invernale, predisponendolo al fulgore primaverile. Allo stesso modo l’uomo ha la possibilità di sintonizzarsi con i ritmi della natura e le forze (ancora) allo stato latente. Non è certo un caso che i moderni teorici della grande sostituzione vogliano recidere i legami dell’uomo con la propria terra.
Di buon auspicio sia la celebrazione che si teneva il 5 di gennaio, dedicata alla Dea Vica Pota, ovvero della Vittoria e della Potenza. Queste forze devono essere alimentate quotidianamente, senza dubbi né tentennamenti, dalle schiere di coloro che credono in una riconquista della nostra Patria.
Marzio Boni