Roma, 17 nov – Altro che una Repubblica fondata sul lavoro, essere occupati non basta nemmeno per avere una vita dignitosa. È questo quanto emerge dal Rapporto Caritas 2023 su Povertà ed esclusione sociale in Italia dal titolo “Tutto da perdere”, presentato questa mattina in vista della VII Giornata Mondiale dei Poveri del 19 novembre.
Il Rapporto Caritas 2023 e il “lavoro povero”
Nella sfera anglofona viene definito “working poor”, termine che si potrebbe tradurre in italiano come “lavoro povero”, è quel fenomeno per cui nonostante si abbia un’occupazione non si guadagna abbastanza da superare la soglia di povertà o, per dirla con le parole del report, il lavoro “non sempre garantisce una vita dignitosa per sé stessi e per la famiglia, limitando la sfera delle esigenze primarie, lontani dal benessere della persona”. Una condizione che riguardo 2,7 milioni di lavoratori in Italia, pari al all’11,5% degli occupati, ben al di là dell’8,9% della media europea. La maggiora incidenza è nel Sud e nelle Isole, dove si arriva rispettivamente al 20,3% e al 21,9%. Molti dei cosiddetti lavoratori poveri sono operai o simili, di questi infatti il 14,7% vive in povertà assoluta, mentre solamente nel 2021 era il 13,8%. Il dato forse più allarmante è che quasi la metà delle famiglie in povertà assoluta, ovvero il 47%, ha il capofamiglia occupato. Invece, per quanto riguarda coloro che si rivolgono alla Caritas, ad essere in condizione di lavoro povero è il 22,8% degli utenti. Di questi il 51,9% sono uomini e il 48,1% sono donne, di età compresa tra i 35 e i 55 anni. Per lo più sono coniugati (53,7%) e con figli (75,9%). La fetta maggiore riguarda però gli stranieri, che sono il 64,9%. Il Rapporto individua alcuni fattori come principali cause del fenomeno: la debolezza contrattuale, la trasformazione del mercato del lavoro, i comportamenti dei datori di lavoro e i fenomeni storico-economici di sfondo.
Una povertà sempre più strutturale
Quello del lavoro povero è sicuramente uno dei focus più importanti e preoccupanti, ma non è il solo. Infatti, a quasi trent’anni dall’uscita della prima edizione del Rapporto Caritas, la povertà ha assunto i contorni di un fenomeno strutturale e non più residuale. I poveri assoluti sono 5,6 milioni, ovvero il 9,7% della popolazione. In altre parole, un residente su dieci oggi non ha accesso dunque a un livello di vita dignitoso. Di questi, sono 1,2 milioni i minori in condizione di indigenza. Non solo, la povertà appare come un qualcosa di ineluttabile o comunque difficilmente superabile, se è vero che l’Italia è il Paese in Europa in cui la trasmissione inter-generazionale delle condizioni di vita sfavorevoli risulta più intensa. Per dirla altrimenti, in Italia chi nasce povero ha più probabilità di rimanerlo anche da adulto.
Michele Iozzino