Roma, 23 lug – L’Austria-Ungheria volle imporre giustizia dopo l’attentato a Sarajevo di cui la Serbia venne ritenuta la prima responsabile, e la reazione a catena che condusse allo scoppio della Grande Guerra fu pressoché matematica. Un “calcolo sbagliato” per usare una definizione molto in voga da anni tra gli storici. Tradotto: nessuno vuole davvero una guerra mondiale, ma nel frattempo le azioni sono sempre possibili. Puntando sull’assenza di reazione di rivali e nemici. I quali, però, quando “sorprendono” assecondano l’effetto domino…
Austria-Ungheria, l’ultimatum alla Serbia e lo scoppio della Grande Guerra
La data è riferita al 23 luglio 1914, ovvero il finale di un mese infuocato e pieno di tentativi di dialoghi diplomatici tra interlocutori i quali, però, ben presto mollarono gli ormeggi. Meno di 30 giorni, a dirla tutta, perché era del 28 giugno precedente l’attentato di Sarajevo con cui Gavrilo Princip (in modo del tutto fortuito, dal momento che il suo tentativo precedente era fallito) uccide l’arciduca Francesco Ferdinando e la moglie Sofia di Hohenberg, Considerata la provenienza dello stesso Princip, un serbo-bosniaco appartenente a Crna ruka, una organizzazione irredentista serba in italiano nota come Mano nera o Unificazione o morte la quale combatteva da anni per una unificazione dei popoli slavi, ivi inclusi quelli – come la Bosnia-Herzegovina, appunto – sotto il controllo diretto di Vienna dal 1908, i dubbi erano pochi.
Ed ecco perchè la corona imperiale non avrebbe avuto motivo di nutrirli: sulla morte dell’arciduca avrebbe pesato la complicità dello stesso Regno di Serbia, e “l’assegno in bianco” della Germania (principale alleato dell’Austria) sulla questione, avrebbe dato il beneplacito. Si decise per porre Belgrado spalle al muro. Così, proprio quel 23 luglio, la Serbia ricevette le comunicazioni nel merito: o avrebbe collaborato con Vienna ricercando i responsabili e processandoli, oppure ci sarebbero state conseguenze militari. Invero, i serbi accettarono tutte le conzioni. Meno una, la più “forte”, che si rivelò decisiva.
Il contenuto dell’ultimatum, l’anticamera della Grande Guerra
L’Austria invitava la Serbia:
1. A sopprimere qualsiasi pubblicazione che inciti all’odio e al disprezzo nei confronti della monarchia austro-ungarica.
2. A sciogliere immediatamente la società denominata Narodna Odbrana e confiscarne tutti i mezzi di propaganda, nonché a procedere in ugual modo contro altre società e loro branche in Serbia coinvolte in attività di propaganda contro la monarchia austro-ungarica .
3. A eliminare senza ulteriore indugio dalla pubblica istruzione del proprio paese qualunque cosa induca o potrebbe indurre a fomentare la propaganda contro l’Austria-Ungheria.
4. A espellere dall’apparato militare e dalla pubblica amministrazione tutti gli ufficiali e i funzionari colpevoli di propaganda contro la monarchia austro-ungarica i cui nomi e le cui azioni il governo austro-ungarico si riserva il diritto di comunicare al Regio governo [serbo].
5. Ad accettare la collaborazione in Serbia di rappresentanti del governo austro-ungarico per la soppressione del movimento sovversivo diretto contro l’integrità territoriale della monarchia [austro-ungarica].
6. Ad adottare misure giudiziarie contro i complici del complotto del 28 giugno che si trovano sul territorio serbo; delegati del governo austro-ungarico prenderanno parte all’indagine a ciò attinente
7. A provvedere con la massima urgenza all’arresto del maggiore Voijslav Tankosić e di un funzionario serbo a nome Milan Ciganović, che i risultati delle indagini dimostrano coinvolti nella cospirazione
8. A prevenire con misure efficaci la cooperazione delle autorità serbe al traffico illecito di armi ed esplosivi oltre frontiera, a licenziare e punire severamente i funzionari dell’ufficio doganale di Schabatz e Loznica, rei di avere assistito i preparatori del crimine di Sarajevo agevolandone il passaggio oltre frontiera
9. A fornire all’Imperial regio governo [austro-ungarico] spiegazioni in merito alle ingiustificate espressioni di alti ufficiali serbi i quali non hanno esitato sin dal crimine del 28 giugno a esprimersi pubblicamente in termini ostili nei confronti del governo austro-ungarico.
10. A notificare senza indugio all’Imperial regio governo [austro-ungarico] l’adozione delle misure previste nei precedenti punti.
Il “no” decisivo di Belgrado
Il governo serbo accettò praticamente tutti i punti, meno il quinto. Insomma, sì alle indagini, sì alla ricerca dei responsabili con relativi processi e scioglimenti, ma no all’ingerenza di Vienna sulle operazioni. La reazione imperiale fu quella che conosciamo come “la Grande Guerra”. Non perché lo fosse in nuce, chiaramente, ma per la solita “reazione a catena”.
Domino e conflitto
L’effetto domino inizia a scatenarsi già quando l’Impero russo guidato da Nicola II Romanov prima intima Vienna a procedere con cautela sulla questione, poi, a seguito dell’attacco austriaco a Belgrado avvenuto il 28 luglio, mobilità il proprio enorme esercito. Questo provocherà anche le moblitazioni dell’esercito tedesco (in chiave ovviamente filoaustriaca) e le decisioni di Berlino di inviare avvertimenti sia a Mosca che a Parigi, le quali erano ormai pronte a scendere in campo. Le dichiarazioni di guerra a quel punto di susseguono: prima quella tedesca alla Russia, poi ancora verso la Francia. La guerra è scoppiata. Perfino poco prima che l’Inghilterra inviasse anche il proprio avvertimento alla Germania, l’Impero tedesco aveva invaso il Belgio cercando di approfittare della situazione su quello che ormai sarebbe già diventato il fronte occidentale. Il 4 agosto 1914, con la dichiarazione di Londra contro Berlino, la Grande Guerra era ormai una realtà.
Aurelio Del Monte