Roma, 24 giu – Israele “motivata” a cercare lo scontro con Hezbollah e – di conseguenza – con il Libano. L’argomento non è certamente peregrino, anche perché l’unico risultato tangibile del massacro perenne a Gaza, soprattutto negli ultimi cinque mesi, è stato di attirarsi condanne più o meno costanti dalla Corte dell’Aja, dall’Onu e perfino ottenere un appoggio limitato dagli alleati numero uno, ovvero gli Stati Uniti. A Tel Aviv, da mesi, sanno bene che qualcosa non funziona: nelle comunicazioni come nei risultati della campagna militare. E da mesi cercano di rinsaldare il rapporto con Washington, quasi sempre provando a fomentare lo scontro con nuovi attori: se fino all’altro ieri l’oggetto del “desiderio” (si fa per dire) era stato l’Iran, adesso le attenzioni potrebbero concentrarsi proprio sui paramilitari libanesi.
Perché Israele “cerca” lo scontro con Hezbollah…
Della crescita delle tensioni tra le due parti si parla da alcuni giorni, sebbene la possibile estensione del conflitto alla regione libanese sia stato uno degli argomenti più discussi sottotraccia. Dal canto suo, Benjamin Netanyahu sta facendo i conti con una situazione interna che definire instabile sarebbe eufemistico: la campagna a Gaza non ottiene i risultati sperati, né nella famigerata “caccia alla distruzione di Hamas” che nell’esercizio di un reale controllo della regione più volte minacciato ma mai concretizzato realmente. Sulla Striscia si consuma una carneficina senza sosta che non riesce ad essere giustificata neanche dai fedelissimi alleati occidentali. Ecco perché Tel Aviv, senza neanche nasconderlo troppo, in questi mesi ha cercato a tutti i costi uno scontro con Teheran, provocando il più possibile la principale potenza mediorientale. L’attacco al consolato di Damasco ad inizio aprile scorso è solo una delle manifestazioni tangibili di questo atteggiamento. Israele ha bisogno di uno schieramento netto di Washington al suo fianco, in termini di sostegni militari. Con la “carneficina flop” di Gaza questo risultato è ben lungi dal verificarsi: “serve” una potenza terza con cui avere uno scontro maggiore.
Atteggiamento, si dirà, abbastanza spericolato e disperato. Fatto sta che nelle mire di Israele sia finita proprio Hezbollah. Non sarebbe uno scontro facile, viste le forniture miliari di tutto rispetto di cui dispongono i paramilitari libanesi. Ma avrebbe sicuramente più possibilità di attirare sostegni oltreoceano più ampi di quanto non faccia il controverso pantano contro i palestinesi.
…e anche ad Hamas farebbe comodo
Le guerre sono così. Trascendono perfino le rivalità tra gli attori o le eventuali solidarietà. È chiaro che tra Hamas ed Hezbollah non ci siano differenze nei termini dello scontro con il sionismo. Eppure l’organizzazione che governa i palestinesi non può fare altro che “attendere” una eventuale escalation, e il motivo è molto semplice: se Israele fallisce a Gaza, è pur vero che non smeta di bombardare e massacrare. E Hamas, da mesi, subisce senza sosta. Una deviazione delle azioni militari dell’Idf sarebbe quindi auspicabile.
Stelio Fergola