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Il “dibattito in cucina” tra Nixon e Krusciov? Una bagarre tra due facce della stessa medaglia

by Alberto Celletti
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Nixon Krusciov

Roma, 24 lug – Nikita Krusciov e Richard Nixon discutono. Anche animatamente. La data è il 24 luglio 1959, il contesto la Esposizione Nazionale Americana (National American Exhibition), inaugurata al Parco Sokolniki di Mosca proprio quel giorno. Il luogo, una cucina esibita. Tanto è che la dialettica accesa tra i due è divenuta nota come “dibattito in cucina”.

Nixon e Krusciov, il dibattito sullo stile di vita migliore

“La mia cucina è migliore della tua”, ma anche “i miei cittadini vivono con gli elettrodomestici e i tuoi ancora no”, oppure “da me le auto sono più diffuse”. Non si tratta di frasi letterali, ma di esempi che stiamo tracciando qui per far capire in modo semplice e diretto la sostanza dello scontro dialettico che ci fu tra Nixon e Krusciov in quell’estate di fine anni Cinquanta. Di narrazioni “accademiche” o come si suol dire “da capelli bianchi” ne abbiamo lette fin troppe.

La ciccia – ricorriamo di nuovo al gergale – sta nella competizione tra due stili di vita, quello americano e quello sovietico, libero mercato assoluto versus assoluta privazione dello stesso e addirittura denaro “finto” (pura carta contabile e nient’altro, dal momento che guadagni e costi non venivano calcolati, sulla base, della pianificazione quinquennale sovietica che decideva quanto produrre e in teoria perfino quanto dovesse consumarsi).

Nei fatti, il dibattito in cucina fu un inutile dispendio di energie verbali che nulla cambiava sui risultati dei due sistemi: il primo, in grado di generare ricchezze immense ma anche vaste sacche di povetà mai vissute veramente da chi, come l’Italia, si industrializzò ma nell’ottica di una competizione tra pubblico e privato che è ricordata nella storia come uno dei puntoid’equilibrio più efficaci dalla nascita del capitalismo oltre tre secoli fa. Il secondo, in pratica, un generatore di povertà generalizzata in cui tutti possedevano il minimo indispensabile per provare a tirare avanti. Entrambi hanno fallito, sebbene il liberismo americano non sia defunto e il comunismo sovietico sì.

L’irruenza di Krusciov sarebbe sconfinata qualche anno dopo nella temibile crisi dei missili cubani, ma sarebbe stata acquietata dai “miti consigli” kennediani. Quella di Nixon ebbe una sorte non meno travagliata, quando diversi anni dopo sarebbe divenuto presidente degli Stati Uniti in un mandato che si sarebber concluso nel peggiore dei modi.

Due facce della stessa medaglia

Lo si dice spesso negli ambienti “terzoviisti”, per così dire, e difficilmente si può dare torto a una simile impostazione. Comunismo e liberismo capitalista erano opposti per molte cose e non c’è dubbio che il primo abbia rappresentato uno dei tentativi – sconfitti – del secolo scorso di contrastare il sistema capitalistico, insieme al fascismo e a tutte le sue derivazioni più o meno lontante (come lo stesso nazismo). A conti fatti, però, i due sistemi erano animati dallo stesso nerbo: quello materialista. Il fascismo è stato l’unico approccio al reale, dei tre, a cercare seriamente una sintesi tra la spiritualità e le necessità materiali dell’essere umano, mentre marxisti e liberisti si sarebbero scontrati vedendo la realtà come una sequela infinita di procedimenti produttivi, economici e meccanici. E il dibattito in cucina ne fu un esempio fulgido.

Alberto Celletti

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