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Il caporalato è conseguenza diretta dell’immigrazione di massa: tutto il resto è noia sinistra

by Stelio Fergola
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Roma, 24 giu – Combattere il caporalato promuovendo l’immigrazione di massa (specialmente se clandestina) non è possibile. La sinistra che si accorge magicamente delle morti sul lavoro quando riguardano gli immigrati, poi, è la ciliegina sulla torta dell’accoglienza a tutti i costi che cerca di eludere in modo imbarazzante il mondo da essa stessa generato. Il caso di Satman Singh ha risuonato ovunque ma la faccia tosta di chi promuove l’immigrazionismo si è manifestata in tutta la sua ipocrisia.

Il caporalato è frutto diretto dell’immigrazione di massa: basta con le ipocrisie

L’importazione massiccia di  stranieri, anche clandestini, serve solo a una cosa: ottenere lavoratori a basso costo, talmente basso per gli impieghi che “gli italiani non vogliono più fare”, o meglio che non vogliono più svolgere a stipendi da fame e in condizioni di sicurezza indecenti. Che la dinamica sia questa lo capirebbe anche un bambino. Come capirebbe che non ci sia modo di eluderla, dal momento che l’unico interesse a promuovere migrazioni di massa sia esattamente quella di impiegare a manodopera a paghe sempre più basse, un po’ perché i soldi per pagare stipendi degni è sempre più difficile, assediati da tasse fuori controllo e da una crisi della domanda che diventa sempre più endemica, un po’ perché ce ne si approfitta cavalcando il delirio dell’accoglienza a tutti i costi e del multi-etnicismo come religione dello sviluppo delle società occidentali, in particolar modo quella italiana.

L’ipocrisia della sinistra

Questo governo che da un lato “combatte” per togliere dai barconi i clandestini in arrivo e dall’altro pianifica di importare centinaia di migliaia stranieri già non è esattamente “il massimo”. Ma la sinistra che manifesta “contro lo sfruttamento” a Latina dopo il caso Singh, che inneggia all’abolizione della Bossi-Fini e che fa finta di non essere stata minimamente complice del sistema schiavistico in sviluppo da anni sui campi agricoli italiani vince ovviamente il premio dell’ipocrisia. Quello stesso animo da straccioni che spinge tutta l’area dei cosiddetti democratici a frignare per la tragedia che ha colpito Singh ignora clamorosamente gli incidenti mortali sul lavoro che coinvolgono ogni giorno i lavoratori italiani. Con il solito razzismo che li contraddistingue, i sinistri figuri si agitano quando a morire sia un’auspicabile – solo per loro – “nuovo italiano”. Mentre gli italiani veri patiscono fame, miseria e sì, perfino morte in modo non dissimile. Ma evidentemente troppo bianco per poter essere tenuto in considerazione.

Stelio Fergola

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