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Holly & Benji, il fascino intramontabile di un sogno

by Roberto Johnny Bresso
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Holly e Benji

Roma, 13 apr – Nel 1981 Yoichi Takahashi dava vita al manga Capitan Tsubasa, dal quale poi ebbe origine il celebre omonimo anime. Ora dopo 43 anni il suo creatore ha deciso di mandarlo in pensione (anche se, a dire il vero, continuerà come storyboard sul sito web ufficiale, ma curato da altri). Oggi andrò a riscoprire la storia improbabile del fenomeno planetario che è diventato Holly e Benji (per semplicità da ora userò tutti i nomi utilizzati in italiano e non gli originali giapponesi).

Holly e Benji, per gli amici “Capitan Tsubasa”

Un giovane fumettista nipponico appassionato di calcio (cosa ad inizio anni Ottanta assolutamente inusuale in Giappone) decise nel 1980 di scrivere e disegnare un breve manga di trenta pagine sulla storia di un ragazzino che sogna di avere successo nel mondo del calcio. La casa editrice nella quale era impiegato ne apprezzò molto la realizzazione e diede quindi allo stesso Yoichi Takahashi il compito di produrne un’intera serie. Takahashi, che si era avvicinato a questo sport durante i Mondiali di Argentina 1978, si ispirò a Musashi Mizushima, che riuscì a trovar fortuna in Brasile militando nel San Paolo e nel Santos. Ecco quindi che il 31 marzo 1981 viene dato alle stampe il primo volume… e la storia andrà avanti praticamente senza soluzione di continuità fino al 4 aprile 2024!

Il successo

Ma cosa lo ha reso così popolare prima in Giappone e poi nel resto del mondo? I fattori sono sicuramente molteplici: per prima cosa il manga ottenne da subito recensioni entusiastiche, perché la storia così semplice di un ragazzino che sogna di diventare un famoso calciatore è forse la storia di chiunque di noi; inoltre tratta con rispetto e passione lo sport più popolare al mondo, ma si può senza dubbio dire che la definitiva consacrazione la si deve alla trasposizione animata per la televisione, che lo ha trasformato letteralmente in un oggetto di culto senza tempo. Il 10 ottobre 1983 viene infatti trasmessa da TV Tokyo la prima di 128 puntate che raccontano le vicende di Oliver Hutton e dei suoi compagni di squadra della New Team, intenti a conquistare il torneo nazionale giovanile sconfiggendo la più quotata squadra della Muppet, capitanata dall’eterno rivale Mark Lenders. In Italia toccherà aspettare il 19 luglio 1986 perché Italia 1 trasmettesse Holly e Benji, due fuoriclasse. E qui tocca fare una doverosa spiegazione del titolo: Benji Price non è mai stato né nel manga né nell’anime protagonista della storia! Lo è solamente nelle prime puntate, che erano poi le uniche che avevano visto i responsabili della programmazione italiana e, pensando quindi che Benji sarebbe stato sempre presente nella serie, diedero il celeberrimo titolo (con tanto di canzone iconica affidata a Cristina D’Avena) che consegnerà per sempre al buon Price (che era veramente antipatico, diciamocela tutta) un ruolo di maggior rilievo di quanto si sarebbe meritato. Ricordo come fosse ieri la trasmissione della prima puntata: finalmente un cartone animato che mostrasse quello che io ed i miei amici all’epoca facevamo tutto il giorno, vale a dire giocare a calcio e parlarne. E, se certamente non potevamo essere dei fuoriclasse come Holly che sognava di seguire Roberto Sedinho in Giappone, c’era pur sempre il volenteroso difensore Bruce Harper a darci un po’ di speranza.

Da quella prima fortunata serie deriveranno le successive Shin Captain Tsubasa, Che campioni Holly e Benji!!!, Holly e Benji Forever e Captain Tsubasa (che altro non è che il reboot della prima serie). E così la storia, che era iniziata con l’arrivo di Holly bambino in una nuova città, si conclude al calcio d’inizio dei Mondiali di Giappone e Corea del Sud del 2002, con un Giappone-Brasile arbitrato niente meno che da Pierluigi Collina. Mondiale che, molto probabilmente, non si sarebbe mai disputato in Giappone senza Holly e Benji, dato che la popolarità del calcio nel Sol Levante arrivò solamente grazie a quest’opera.

Un fascino che supera le generazioni

La cosa che rende il tutto mirabile è come il fascino di Holly e Benji non si sia mai incrinato, a partire dalla prima generazione dei cinquantenni come me, via via ad arrivare fino ai bambini di oggi. Lo dimostrano i continui passaggi in tv, i videogiochi, le action figures, le ristampe dei manga: tutti conoscono Oliver Hutton ed è un argomento di conversazione trasversale. Il misticismo delle partite che duravano mesi su di un campo che sembrava infinito, le azioni assolutamente impossibili, i continui flashback sulle vite dei protagonisti, quegli stadi gremiti all’inverosimile per partite tra studenti delle scuole medie coperte addirittura dalla televisione! Holly e Benji però insegnava anche valori oggi più che mai attuali, come l’onore, il sacrificio, il rispetto dell’avversario, la perseveranza, la dignità nella sconfitta rappresentata nel perfetto anti eroe Mark Lenders, che in realtà risulta molto più credibile ed umano del suo contraltare Oliver Hutton. Holly e Benji ci mostrava le debolezze umane, come l’alcolismo dell’allenatore Jeff Turner e l’eterna insicurezza di Roberto, debolezze che però non impedivano mai di cercare di migliorarsi e che, soprattutto, non venivano mai additate con fare moralistico.

Concludo con alcune curiosità. La serie si apre con Holly che legge una rivista raffigurante l’Italia campione del mondo del 1982. Il numero 14 che indossa lo sfortunato Julian Ross, calciatore malato di cuore della Mambo, è un tributo a Johan Cruijff, idolo dell’autore. Alessandro Del Piero e Hidetoshi Nakata hanno detto esplicitamente di aver iniziato a giocare a calcio grazie a Holly e Benji. Qualcuno ha voluto pure dare un’interpretazione dark al tutto, sostenendo che in realtà tutta la storia sia solo un sogno partorito dal coma da parte di un Hutton, che all’inizio della sua parabola sfugge miracolosamente all’investimento da parte di un camion grazie al pallone, che da quel momento diventerà per sempre “il suo miglior amico”. Inutile dire che l’autore ha sempre fermamente negato questa interpretazione.

E poi lo so che ce lo siamo domandato tutti: ma non era una cosa strana e sconveniente che Roberto dormisse per mesi a casa con Holly e la madre mentre il padre era sperduto per il mondo come capitano di una nave?

Roberto Johnny Bresso

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