Napoli, 10 Genn- Il 24 dicembre 2015 alla presenza del Presidente del Consiglio Matteo Renzi e con la partecipazione del Ministro dei Beni Culturali Dario Franceschini vengono inaugurate ed aperte al pubblico sei domus romane oggetto di un’ imponente opera di restauro costato 105 milioni di Euro.
Il restauro degli ambienti è stato portato a termine dalla Soprintendenza Speciale per Pompei, Ercolano Stabia grazie ai fondi del Grande Progetto Pompei il quale nasce da una azione del Governo italiano che, attraverso il decreto legge n. 34/2011 (art. 2), ha inteso rafforzare l’efficacia delle azioni e degli interventi di tutela nell’area archeologica di Pompei mediante la elaborazione di un Programma straordinario ed urgente di interventi conservativi, di prevenzione, manutenzione e restauro: con Decisione comunitaria n. C (2012) 2154 del 29 marzo 2012 è finanziato quale Grande Progetto Comunitario.
Queste sono le linee fondamentali del Grande Progetto Pompei, un intervento rilevante ed impegnativo da 105 milioni di euro tra fondi Fesr e nazionali, che mira alla riqualificazione del sito archeologico di Pompei entro dicembre 2015: la riduzione del rischio idrogeologico, con la messa in sicurezza dei terrapieni non scavati, la messa in sicurezza delle insulae, il consolidamento e restauro delle murature, il consolidamento e restauro delle superfici decorate, la protezione degli edifici dalle intemperie, con conseguente aumento delle aree visitabili ed infine il potenziamento del sistema di videosorveglianza.
Così Il 24 dicembre 2015 vengono infatti riaperte: la Fullonica di Stephanus, la Casa del Criptoportico, la Casa di Paquius Proculus, la Casa del Sacerdos Amandus, la Casa di Fabius Amandio ed infine la Casa dell’Efebo ubicate lungo la centralissima Via dell’Abbondanza, la quale in passato è stata purtroppo protagonista di diversi crolli, in particolare nel 2013 e nel 2010.
Lavoro senza alcun dubbio importante e degno di nota che nonostante le parole pronunciate dal presidente Renzi, il quale invita di dare ora risalto alla grande opera di restauro piuttosto che alle incurie passate, non deve tuttavia far dimenticare la difficile storia degli scavi pompeiani tenendo in considerazione un dato altrettanto importante ossia che il terreno di Pompei è soggetti a smottamenti e a crolli come è stato ampiamento dimostrato nel corso del 2015 e degli anni precedenti.
Infatti Nicola Augenti, ingegnere e professore universitario di tecnica delle costruzioni, il superconsulente che la Procura di Torre Annunziata ha nominato durante la fase delle indagini sul crollo avvenuto all’interno degli Scavi di Pompei il 6 novembre del 2010, il 19 febbraio 2015 ha lanciato una velenosa frecciata sulla gestione dei beni archeologici nonostante il Grande Progetto Pompei veniva lanciato nel 2012: «Dalle Soprintendenze si pensa solo alla salvaguardia del bene archeologico e artistico, senza valutare che la conservazione statica degli edifici permette di salvare, in questi casi, le domus, le pitture e anche eventuali vite umane».
Il 24 dicembre 2015 Renzi risponde “Facevamo notizia per i crolli, adesso facciamo notizia per i restauri” mentre Franceschini rimarca che “Quanto avvenuto a Pompei nell’ultimo anno e mezzo dimostra che quando in Italia sappiamo lavorare come una squadra vinciamo anche le sfide più difficili”.
Naturalmente non possiamo che dichiararci in accordo con quanto affermato, ma altrettanto non possiamo di certo non ricordare che per il momento i problemi legati alla stabilità dell’intero sito archeologico restano.
È stato compiuto davvero un passo verso una maggior cura ed attenzione nei confronti di un fiore all’occhiello della nostra storia artistica e culturale come Pompei? Non ne abbiamo la certezza in quanto il 3 agosto 2015 viene rilasciata una notizia allarmante che dà parecchio da pensare a riguardo del Grande Progetto Pompei.
Giovanni Nistri, oramai ex direttore generale del Grande progetto Pompei, il quale del dicembre 2015 lascia il posto a Luigi Cartoli, provava a offrire spunti e indicazioni per non disperdere lo spirito del Grande progetto. Un lavoro di organizzazione che va di pari passo con il nuovo corso impresso da Massimo Osanna alla soprintendenza archeologica più “calda” d’Italia. Un cambiamento che rischia di interrompersi se fondi e scelte tecniche, oltre che politiche, non daranno continuità a quel modello che anche l’Unesco ha apprezzato e promosso.
Un sos discreto che traspare e caratterizza la terza relazione semestrale sullo stato di attuazione del Grande progetto appena consegnata dal generale Nistri al Parlamento. Un documento di 300 pagine che contiene un dato: “Alla data del 31 dicembre non potrà essere materialmente speso l’intero importo del finanziamento europeo, pur essendosi provveduto – scrive Nistri – a bandire l’importo dei 105 milioni di euro, maggiorato quasi interamente dalla cifra integrativa indicata nel Piano di azione”, pari cioè a 139 milioni di euro.
Al 30 giugno sono state bandite gare per 130 milioni di euro, ma dai ribassi di gara effettivamente disponibili ci sono ancora 7,4 milioni di euro da utilizzare.
Senza una proroga, insomma, il recupero di Pompei resta a metà: 30 interventi potranno essere conclusi e rendicontati entro la scadenza del dicembre 2015, collaudi compresi, mentre per altri 16 progetti bisognerà attendere il 2016, e in casi di complessità progettuale ed esecutiva , anche il 2017. E se l’importo massimo della spesa realizzabile si aggira sui 40 milioni entro la scadenza prevista, la relazione del generale Nistri quantifica in 63 milioni l’importo da prevedere per la prosecuzione “a scavalco” del Grande progetto sulla programmazione 2014-2020. Ma l’allarme della direzione generale riguarda anche la fine della possibilità di utilizzare procedure accelerate sui tempi di gara, assicurate fino al 31 dicembre 2015 dalla legge che ha istituito la struttura guidata da Nistri.
Dunque per le nostre sei splendide domus romane restituite in tutto il loro splendore al grande pubblico fortunatamente il futuro è oramai certo ma per tutto il resto?
Vanessa Bori