Roma, 1 lug – Marie Le Pen al governo (o meglio il suo partito e la possibile nomina a premier di Jordan Bardella) potrebbe “far paura” a dem ed europeisti vari tanto quanto Marreo Salvini. Ovvero, poco o nulla. L’esito del primo turno delle elezioni in Francia ha infatti scatenato le solite ire delle sinistre sia transalpine che europee, i soliti allarmi e le solite proposte da attuare immediatamente per arginare la “terribile” destra nella sua marcia verso il potere. Ora, ci sono due considerazioni da fare: la prima è elettorale, la seconda puramente politica.
Non è ancora certa la vittoria del Rassemblement National
Le regole elettorali francesi sono strane, non solo per quanto concerne le presidenziali ma anche per le legislative in oggetto: in entrambi i casi c’è un doppio turno da superare, che in questo caso si snoderà definitivamente con il voto del 7 luglio. Dopo il 34% rimediato dal Rassemblement National (almeno, secondo i primi dati, i quali ovviamente andranno confermati quando lo spoglio sarà terminato), il presidente Emmanuel Macron ha invocato la formazione di un “blocco repubblicano” per fermare la “terribile” destra guidata dalla Le Pen, come sottolineavamo nell’introduzione. Il che significa che la possibile maggioranza assoluta dell’Rn nell’Assemblea nazionale (fissata a 289 parlamentari, mentre il partito della Le Pen oscilla tra i 280 e i 310) potrebbe essere ridimensionata e non solo, potrebbe addirittura non portare al governo. Mentre la guida dell’ex Front annuncia l’inizio della cancellazione del “blocco macroniano”. La strada, insomma, è ancora lunghetta. Anche perché Jean-Luc Melenchon, da sinistra, è stato chiarissimo: “Nessun voto andrà al Fn”. Tutti, o quasi, contro Marie. Se volessimo specificare meglio il titolo del paragrafo, in realtà dovremmo articolarlo in questo modo: la vittoria è abbastanza certa, ma la creazione di un governo guidato dalla destra francese ancora no.
Le Pen come Salvini e senza mai andare al governo
Sì, la proposta proveniente dal possibile premier Bardella sul taglio dei contributi della Francia all’Ue è interessante. Al momento nient’altro che uno slogan elettorale, se venisse concretizzata rappresenterebbe uno spunto non da poco in chiave anti-europeista, visto che potrebbe “generare” una reazione a catena anche in altri Paesi della cosiddetta Unione. Su quasi tutto il resto, però, in questi anni, abbiamo registrato un’attività del movimento politico guidato dalla Le Pen, in termini di “arretramenti” dai principi maggiormente discontinui propugnati tanti anni fa, non diversa da quella della Lega guidata da Salvini. Sui temi dell’Euro, della lotta all’Ue, immediatamente archiviati nel 2017, dopo la sconfitta alle presidenziali con Macron, con tanto di cambiamento del nome del partito. Ma anche sulla questione russo-ucraina l’ex Front ha cincischiato abbastanza, dapprima mostrando sfumature più inclini a Mosca, poi, in occasione delle elezioni russe, mostrandosi perfino più netta della Lega in Italia, accodandosi al trenino classico della “Russia non democratica”.
La Le Pen non è mai andata al governo, Salvini ci si trova ininterrottamente dal 2018 (sebbene non sempre da forza protagonista). Ma nonostante questo le “mani avanti” francesi sono state decisamente più esibite di quelle italiane. Almeno, fino ad oggi.
Alberto Celletti