Roma, 15 apr – Renzi era così certo della solidità del sistema bancario italiano, tanto da rassicurarci un giorno si e l’altro pure, che alla fine il governo è dovuto intervenire. Tuttavia non si dica che il governo sta aiutando le banche in crisi di mercato, guai dovesse anche solo sospettarlo Bruxelles.
Ma che cos’è il fondo Atlante? In parole povere è un istituto che darà credito alle banche in difficoltà (Popolare di Vicenza, Veneto Banca, Banco Popolare). Ma come precisa Renzi “non saranno soldi pubblici”. Del resto ce lo chiede la Bce, e prontamente il governo risponde. Al fondo parteciperanno banche, fondazioni e altri soggetti istituzionali; il maggior apporto di ossigeno sarà dato dalle banche Unicredit e Intesa San Paolo che parteciperanno con un miliardo a testa, mentre le fondazioni dovrebbero arrivare a 500 milioni. Qualcosa comunque non quadra. Tra i soggetti partecipanti troviamo anche Cassa Depositi e Prestiti (Cdp) che contribuirà con un apporto di 500 milioni di euro. Soldi, è bene sottolinearlo, che verranno prelevati dai risparmi postali dei cittadini. Il fondo sarà gestito da Quaestio srl, società presieduta da Alessandro Penati e controllata dalla lussemburghese Quaestio Holding SA, tra i cui azionisti figurano la Fondazione Cariplo (37,65%), Locke srl (22%, è la società di Penati), Cassa Italiana di Previdenza ed Assistenza dei Geometri Liberi Professionisti (18%), Direzione Generale Opere Don Bosco (15.60%) e Fondazione Cassa dei Risparmi di Forlì (6.75%). Il grosso della gestione e partecipazione al fondo Atlante è indubbiamente privato, ma la presenza di Cdp lascia qualche perplessità. Gli aumenti di capitale e quindi il salvataggio degli istituti di credito ex popolari come Veneto Banca e Popolare di Vicenza è servito, senza dimenticare Monte dei Paschi di Siena. L’ancora di salvataggio coinvolgerà anche altri istituti di credito, segno che la solidità delle banche italiane non è poi così buona come ci era stato detto.
In questa partita il pubblico non rimane fuori, poiché è lo stesso comunicato della Questio srl che sostiene di voler “generare benefici non solo per gli investitori del Fondo, offrendo rendimenti interessanti alla luce dell’attuale scenario dei tassi, e la possibilità di avvantaggiarsi del possibile incremento di valore dei titoli bancari e della ripresa in atto del mercato immobiliare; ma, indirettamente, anche per tutti i risparmiatori, contribuendo a ridurre il premio per il rischio che attualmente penalizza gli strumenti finanziari degli emittenti italiani”. Il comunicato termina ponendo l’accento sul fatto che il fondo Atlante permetterà alle banche “di deconsolidare uno stock importante di sofferenze, in tempi significativamente più brevi rispetto a quelli attualmente previsti dal mercato, contribuendo a liberare risorse per nuovi impieghi alle famiglie e alle imprese”.
Ma molti analisti si chiedono quanto denaro sia necessario a deconsolidare le sofferenze bancarie italiane. La risposta esiste già: servirebbero circa 45 miliardi di euro per coprire il costo della svalutazione dei crediti inesigibili al 20 per cento del loro valore nominale. Comprendiamo come rapportati a questa cifra, i 5 o 6 miliardi in dote al Fondo Atlante appaiono inadeguati. Senza contare che il sistema bancario italiano ha sofferenze pari ad oltre 200 miliardi di euro.
Il governo si dice invece soddisfatto e continua imperterrito a rassicurare l’opinione pubblica italiana. Quel che invece appare a noi certo è che il fondo Salva banche “Atlante” s’inserisce in un disegno sempre più vasto e chiaro: un sempre più ampio potere ai maggiori istituti di credito. Banche e fondazioni con la benedizione del governo Renzi consolideranno il proprio panorama di dominio, per poi riversare sul singolo cittadino oneri e costi di un sistema sempre più insostenibile che continua a produrre povertà verso questi ultimi. Un castello di sabbia che non tarderà a crollare alla prossima ondata di crisi bancarie che sembra sempre più essere all’orizzonte.
Giuseppe Maneggio
1 commento
A cosa servono 6 miliardi contro un buco che solo nelle 2 banche venete supera è il doppio,per non parlare delle conciliazioni che veneto banca vuole proporre ai soci una beffa per prendere tempo solo storie quello che hanno combinato non ha giustificazioni di nessun genere,hanno raccontato balle per anni tapezzato le banche con pubblicità ingannevole .vendendo azioni e obbligazioni senza spiegare al cliente in quale tipo di rischio incorreva.quando il profitto è fatto con l’inganno unica alternativa è il tribunale è solo quello che si meritano.