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Terrorismo finanziario: Fitch minaccia di tagliare il rating se non passa il referendum

by Filippo Burla
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fitch-referendumRoma, 22 ott – Uno “shock”, causato dall’ “‘incertezza politica sull’esito del referendum del 4 dicembre”, capace di affossare le speranze di ripresa dell’Italia. Fitch non usa mezzi termini e, nel confermare il rating dell’Italia al livello BBB+, revisiona al ribasso l’outlook da stabile a negativo.

Il problema resta sempre la crescita, insufficiente per “ridurre il debito, i crediti deteriorati delle banche e la disoccupazione, e rischia di aumentare l’appoggio ai partiti politici populisti”, si legge nella nota di Fitch. L’aggiornamento rispetto ad aprile, quando l’agenzia stimava per quest’anno una crescita all’1% (sarà decisamente più bassa, ormai è assodato), è dovuto al fatto che all’epoca i primi sondaggi davano il Sì in vantaggio, mentre adesso si è ad un testa a testa che potrebbe ribaltare quella previsione. Secondo Fitch, una conferma della riforma è invece auspicabile, dato che si riuscirebbe a creare un clima decisamente favorevole a ripresa ed investimenti, “velocizzando il processo legislativo soprattutto riducendo il ruolo del Senato”. Ammesso e non concesso che sia realmente così, il giorno dopo il referendum il Senato non sparirà d’incanto, né lacci e lacciuoli della burocrazia si slegheranno magicamente. Le tempistiche di recepimento delle modifiche alla Carta non sono infatti immediate, ma necessitano di una serie di passaggi non scontati che richiederanno almeno qualche anno. Un arco temporale che non coincide con le valutazioni dell’agenzia di rating, le quali hanno un orizzonte decisamente più limitato.

I problemi, osservano in effetti i tecnici di Fitch, sono semmai negli scenari che si aprirebbero. Si va da un governo Renzi depotenziato alle elezioni immediate, “con partiti populisti ed euroscettici che attualmente stanno andando bene ai sondaggi”. Un’eventualità che, velatamente, l’agenzia spera non si verifichi. Ma a questo punto, invece di minacciare ritorsioni, farebbe prima a far direttamente campagna elettorale per il premier.

Filippo Burla

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