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Febbraio: scuotere freneticamente la natura per ristabilire l’ordine

by La Redazione
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7613057670_500e83560aRoma, 9 feb – Februare ovvero purificare, da cui febbre e frenesia: Febbraio è l’ultimo mese del ciclo per il calendario antico romano. Tutto nel mese più corto dell’anno riporta ad un cambiamento ad uno sfebbrare celere e caotico nell’impazienza della primavera e del nuovo anno. Nella chiusura del ciclo annuale si scatenavano i Luperci nell’antichissimo rito dei Lupercalia, forse l’ultimo rito pagano ad essere abolito dalla chiesa: nel gennaio del 495 d.C infatti, papa Gelasio proibisce ufficialmente a tutti i cristiani di partecipare ai Lupercali che si sarebbero tenuti di lì a poco più di un mese, in quanto feste in cui venivano adorati gli Dei. Ai tempi di Gelasio il rito si era trasformato alla stregua del nostro Carnevale: una sorta di festa “laica” dove partecipavano sia i cristiani che i pagani nel turbine e nella corsa dei Luperci. Descrivendo invece la festa originaria sappiamo che alle idi di febbraio, come ci informano i calendari romani giunti fino a noi, i Luperci celebravano il rituale che troviamo descritto dettagliatamente in Plutarco (Rom., 21, 4-10).

Essi sacrificavano nel Lupercale – la grotta sul colle Palatino dove “approdò” la cesta con Romolo e Remo – alcune capre ed un cane alla presenza del Flamen Dialis. Fatti poi avanzare due giovani romani, i Luperci toccavano loro la fronte con un coltello insanguinato e subito la pulivano con un batuffolo di lana imbevuto di latte. A questo punto i due giovani scoppiavano a ridere. Finito il sacrificio e tagliate in strisce le pelli delle capre sacrificate, i Luperci iniziavano la loro corsa attorno al Palatino brandendo una o più strisce di pelle caprina chiamate “februae”, che usavano per battere chiunque incontrassero sulla loro strada mentre le donne che desideravano la fertilità si attardavano per essere colpite. Possiamo azzardare che l’atto di “sporcare” i due giovani del rosso sangue con il coltello sacrificale e subito dopo “purificarli” col bianco latte di capra sia una purificazione protesa all’uscita dal vecchio ciclo, uno sfebbrare da impurità per proporsi canditi e rigenerati, da una risata, al nuovo.

Mentre le donne battute dalle februae insanguinate usano il sacrificio del vecchio ciclo per trovarsi già feconde nel nuovo. La corsa, il battere, la frenesia ricorrono come a battere la terra stessa per risvegliarla dal torpore dell’inverno accelerando la venuta della Primavera e del nuovo ciclo. Questa la festa che più caratterizza Febbraio e di cui ancora oggi riviviamo gli echi col nostro carnevale che nonostante gli editti papali, la laicizzazione e la volgarizzazione rimane una festa religiosa pagana. Liberarsi dalla stanchezza invernale, dalla febbre, rigenerarsi, farsi trovare pronti e fecondi alla primavera, dare ultimo spazio al caos per rinvigorire invece l’ordine nel successivo e marzialissimo mese.

Marzio Boni

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