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Eroi dimenticati: Eugenio Di Maria, il colonnello dei “Diavoli Rossi”

by La Redazione
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Roma, 1 lug – Eugenio Di Maria nasce il 13 gennaio 1862 da Andrea e da Serafina Miserendino in un paesino in provincia di Palermo, Petralia Sottana. I Di Maria erano una famiglia molto famosa in Sicilia, di antichissima origine feudale. Troviamo i primi discendenti già nel 1400, annoverati tra le più ricche famiglie di Sicilia, ma solo nel 1779 con Giulio Di Maria troviamo il ceppo cui apparteneva anche Eugenio: quello dei Baroni di Alleri e Mustimacucco.
Dopo aver frequentato il liceo, Eugenio si iscrisse alla scuola militare di Modena nell’ottobre 1882 dalla quale uscì con il grado di sottotenente. Assegnato al 10° Reggimento di Fanteria, cinque anni dopo viene promosso tenente e, nel 1898, capitano e trasferito al 5° reggimento Bersaglieri.
L’avventura in Cina e in Libia
Nel novembre del 1899 scoppia in estremo oriente la “Rivolta dei Boxer”, così detta perché i suoi protagonisti, membri della “Società dei Pugni e dell’Armonia”, praticavano le arti marziali. Questa associazione aveva il compito di difendere la parte più debole ed indifesa della società cinese dall’oppressione feudale e dalla continua ingerenza occidentale sulla politica e l’economia cinese. Con l’uccisione dell’ambasciatore tedesco da parte dei Boxer, iniziò la guerra contro i rivoltosi da parte di un’alleanza composta da 8 nazioni tra cui l’Italia. Nel 1900, arrivò in Cina anche Eugenio Di Maria per difendere la legazione italiana in Estremo Oriente. In particolare, il soldato siciliano si distinse nella battaglia di Kun an Sien dopo la quale venne decorato con la medaglia d’argento al valor militare. Un’altra medaglia d’argento, questa volta al valor civile, la ottenne quando rincasò al termine del conflitto in Cina. Nel 1907 un deposito di esplosivi si incendiò e Di Maria salvò alcuni suoi compagni poco prima che esplodesse mettendo a repentaglio la sua stessa vita.
Nell’aprile 1911 Eugenio Di Maria è promosso maggiore e inviato in terra d’Africa durante il conflitto italo – turco. Si distingue sul Mergheb dove ottiene una medaglia di bronzo al valor militare e termina l’avventura in Libia con una Croce di Cavaliere dell’Ordine Militare dei Savoia per il coraggio dimostrato a Sidi Abdul Ghelil l’8 giugno 1912.
Il martirio al fronte
Dopo una breve parentesi in Albania, Eugenio Di Maria viene richiamato in patria per l’imminente scoppio del primo confitto mondiale. Eugenio ed il suo 5° reggimento sono mandati a presidiare l’Isonzo combattendo poi a Santa Maria, Santa Lucia e sul Monte Kuk. Il 21 febbraio 1916, pur ferito gravemente ad un piede, non volle abbandonare la prima linea continuando a fare fuoco sul nemico. Durante la strafexpedition del maggio seguente, Di Maria contrastò l’avanzata nemica sul Monte Lemerle vicino ad Asiago.
Con il grado di colonnello brigadiere, il 22 giugno 1916, Eugenio Di Maria assunse il comando dei “Diavoli Rossi”, la Brigata Sassari. Il 27 giugno, animando i suoi compagni come il migliore dei leader, Di Maria e i suoi uomini attaccavano gli Austriaci di stanza sul Monte Zebio. Ivi, venne colpito da un colpo di fucile che lo uccise all’istante. Le sue gesta le possiamo leggere in questa pagina di diario tenuto da un soldato della Sassari: “A M. Fior, ove è maggiore la reazione austriaca, il 151° coadiuvato dal 112° fanteria (Brigata Piacenza) riesce soltanto a spingere avanti la linea di circa 150 metri: in compenso l’azione svolta dal 152° e dal 111° dà migliore risultato poiché porta all’occupazione della q. 1371 di Castelgomberto. Gli attacchi rinnovati nei giorni successivi contro i due obbiettivi portano il 18 alla conquista, sulla destra, della linea q. 1548 – cocuzzolo sud del Bosco Matta.
La notte del 25 giugno due disertori dell’esercito austriaco di origine bosniaca, dopo essere stati interrogati, confessano che il nemico si sta ritirando in sordina lasciando solo retroguardie per ritardare gli italiani. La situazione è sempre pericolosa perché in questi casi vengono spesso usati cecchini. Era opportuno spingere avanti pattuglie in avanscoperta per ridurre i costi umani ora evitabili. Il comando degli altipiani annunciava soltanto alle 19.30 del 25 il seguente fonogramma con una modifica sostanziale alle 21.30 dove si diceva: “La ritirata del nemico non deve indurci ad imprudenze né a porre in rilievo le buone norme tattiche e disciplinari, non essendo da escludere che l’avversario, anche per proteggere la ritirata, possa eseguire parziali contrattacchi”. Nella notte del 25 le truppe del XXII Corpo erano giunte sull’allineamento monte Longara-Gallio. Ed intanto gli austriaci, indisturbati, potevano compiere una conversione indietro a sinistra, perno il Pasubio, ed attestarsi su di una linea che partendo dal Pasubio e Col Santo (gli austriaci furono respinti fino alla Zugna Torta ed al Pozzacchio; ci fu qualche limitatissimo progresso sulle pendici del Pasubio. Ma l’obiettivo importantissimo del Colsanto non venne raggiunto). Passava per Monte Maio, Monte Cimone, Monte Interrotto, Monte Mosciagh, Monte Zebio, Ortigara, Strigno in Val Sugana. Le truppe italiane giunsero a contatto con questa nuova linea solo il 27 ed è in questa data che a Casera Zebio fra i primi cade il Brigadiere Eugenio di Maria”.
All’eroe siciliano venne concessa la medaglia d’oro al valor militare recitante “Primo fra tutti i suoi soldati, incitandoli all’assalto, col grido d’Italia sulle labbra, con la fede della Vittoria nel cuore, cadeva fulminato dal piombo nemico, mentre le sue truppe assaltavano alla baionetta le postazioni avversarie”.
Tommaso Lunardi

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