Roma, 14 apr – Due guerre, due teatri di conflitto lontani tra loro, ma un’unica strategia di fondo: colpire i civili, le strutture mediche, le infrastrutture essenziali. Mentre milioni di cristiani celebravano la Domenica delle Palme, a Gaza e a Sumy la morte pioveva dal cielo. Israele e Russia, con tattiche sempre più simili, continuano ad usare la loro macchina bellica spietatamente, non risparmiando niente e nessuno.
Gaza: colpito un ospedale, bambino muore durante l’evacuazione
A Gaza City, nella notte tra sabato e domenica, un raid aereo israeliano ha colpito l’ospedale battista Al-Ahli. È stato distrutto il pronto soccorso, danneggiato l’intero reparto di accoglienza e anche la vicina chiesa di San Filippo. L’attacco è avvenuto poco dopo che il personale era riuscito, in tutta fretta, a portare i pazienti in strada. Il sibilo del primo missile ha preceduto di poco quello del secondo, più violento, ripreso anche in diversi filmati sui social. Tra urla, fumo e detriti, donne in fuga con fagotti in braccio, bambini che piangono, e medici che cercano di salvare il salvabile, si è consumata l’ennesima tragedia. Un bambino ricoverato per un trauma cranico è deceduto durante lo spostamento. Secondo la Chiesa battista di Gerusalemme e del Medio Oriente – che gestisce la struttura – si tratta del quinto attacco aereo subito dall’ospedale da inizio guerra. Il Ministero della Salute di Hamas ha dichiarato che l’ospedale è ora fuori servizio e che “centinaia di pazienti e feriti hanno dovuto essere evacuati nel cuore della notte”, molti dei quali sono ora senza cure. La comunità cristiana ha espresso profonda condanna, chiedendo un intervento immediato della comunità internazionale per fermare la distruzione sistematica delle strutture sanitarie. L’esercito israeliano ha giustificato l’attacco sostenendo che l’edificio ospedaliero veniva “utilizzato dai terroristi per attacchi contro Israele“. Una giustificazione già utilizzata in altri casi. Intanto, secondo l’IDF, oltre 90 raid aerei sono stati effettuati nelle ultime 48 ore in tutta la Striscia. I media palestinesi parlano di almeno 18 morti solo nella giornata di domenica.
Sumy: attacco russo durante la Domenica delle Palme ortodossa
Nel nord-est dell’Ucraina, a Sumy, la Domenica delle Palme ortodossa è stata segnata da una strage. Due missili balistici russi hanno colpito in pieno centro città, causando trenta vittime e oltre un centinaio di feriti. Tra i morti, almeno due bambini. Il bilancio è tra i più gravi degli ultimi mesi nella regione, già martoriata dai continui bombardamenti. L’attacco, avvenuto in pieno giorno, ha colpito una zona densamente abitata: case, palazzi, aree commerciali, scuole. Secondo le autorità ucraine, si è trattato di un attacco deliberatamente mirato a colpire la popolazione civile. Intere famiglie sono rimaste intrappolate sotto le macerie, mentre le squadre di emergenza scavavano senza sosta per ore tra i resti degli edifici crollati. Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha denunciato il raid come “opera di un bastardo” e ha chiesto con forza il rafforzamento della difesa aerea da parte dei partner occidentali. “Due missili per cancellare una città dalla mappa”, ha dichiarato, sottolineando come la Russia stia trasformando ogni festività in un’occasione per infliggere terrore. Secondo quanto emerso, i missili utilizzati sarebbero di tipo balistico a corto raggio, con testate ad alta potenza capaci di provocare danni estesi in aree urbane. Oltre agli edifici residenziali, sono stati colpiti un ospedale e una scuola, anch’essi gravemente danneggiati. La città di Sumy, vicinissima al confine con la Russia, è da mesi bersaglio di una pressione militare continua, che sembra avere come scopo non solo la distruzione infrastrutturale ma anche l’espulsione forzata della popolazione. Una strategia che, ancora una volta, mostra quanto poco valgano le convenzioni internazionali nei nuovi scenari di guerra “totale”.
L’Occidente che osserva, calcola e ritarda
Di fronte a questi scenari di devastazione simultanea, colpisce il vuoto della risposta occidentale. Gli Stati Uniti, pur essendo pienamente coinvolti in entrambi i teatri – in uno come alleati diretti di Israele, nell’altro come principali interlocutori di Putin – sembrano incapaci di formulare una posizione coerente e credibile. Da Washington arrivano solo dichiarazioni di circostanza. Ancora più disarmante è il silenzio e l’immobilismo dell’Europa, impantanata in un processo decisionale lento e indeciso. Le ipotesi di una missione di pace internazionale – avanzate da alcuni governi – resta lettera morta, soffocate dalle divisioni interne all’UE, dalla sudditanza strategica verso Washington e dalla paura di “sbilanciarsi” in un conflitto che richiederebbe coraggio, visione e responsabilità. La politica della “neutralità attiva”, dell’“equilibrio strategico” e delle “condanne calibrate” si rivela per quello che è: una tragica impotenza mascherata da diplomazia. E mentre le potenze armate dettano legge con i missili, le cancellerie occidentali restano a guardare, attendendo la prossima tragedia da commentare.
Sergio Filacchioni