Cesenatico, 14 feb – “Corri più veloce del vento, il vento non ti prenderà mai. Corri ancora adesso lo sento, sta soffiando sopra gli anni tuoi”. Oggi 12 anni fa moriva, nella solitudine del residence Le Rose di Rimini, Marco Pantani la leggenda romagnola che dalle Alpi ai Pirenei ha catechizzato appassionati ed avversari con il suo fisico esile, ma nervoso capace di imprese ai limiti dell’umana concezione.
Il Pirata ha lanciato il suo ultimo scatto in un sera gelida, nebbiosa con il mare che ruggiva alle sue spalle, in una notte dai mille volti e nessuna certezza. E’ di questi giorni la notizia del no all’archiviazione da parte del gip di Rimini, Vinicio Cantarini, sul caso del decesso di Pantani. In questo senso è stato premiato il lavoro del legale della famiglia del ciclista di Cesenatico, Antonio De Rensis, a fronte della richiesta di chiusura definitiva della vicenda da parte del pm Paolo Giovagnoli. Mercoledì 24 febbraio è stata fissata una nuova udienza per approfondire e chiarire i dubbi sulle cause del decesso. Rimane fitto il mistero attorno ai giacconi trovati in stanza, la palla di cocaina rinvenuta vicino al corpo esanime del corridore – non vista dagli infermieri che per primi hanno soccorso Marco – mettendo in discussione come causa della morte l’overdose da coca.
Oltre alle indagini sulla morte, bisognerebbe lavorare facendo chiarezza sulla vicenda del Giro 1999. Marco Pantani all’apice della sua carriera, 29 anni e ancora quattro-cinque stagioni in cui seminare il panico e distruggere ogni record con lo scarpino allacciato al pedale. Eppure quel maledetto 5 giugno, nell’infausta Madonna di Campiglio, alle ore 10:10 notificarono alla Mercatone Uno lo stop della maglia rosa. Tutto ruota attorno al controllo effettuato all’hotel Touring, a quelle fialette mostrate, nascoste, non etichettate che fecero risultare il 52% di ematocrito dopo svariati controlli negativi durante tutta la kermesse del Giro d’Italia. Ancora riecheggiano nella mente le parole di Renato Vallanzasca, quando gli fu riferito di scommettere su un altro corridore e non sull’atleta romagnolo per la vittoria finale di quella corsa rosa e la frase di mamma Tonina: “Senza Campiglio non ci sarebbe stato mai Rimini”.
Si è parlato di scommesse, di camorra, di cocaina, troppe persone che non avevano diritto per farsi pubblicità hanno citato Pantani cercando di stuprarne il ricordo. Ma per far riposare in pace l’anima del Pirata bisogna avere la forza di capire cosa successe durante il Giro d’Italia 1999, solo così sarà fatta giustizia a fronte di un uomo che ha sublimato la nostra fame di ciclismo con le sue vittorie nel luoghi sacri di questo sport.
Lorenzo Cafarchio
1 commento
Il nostro Pirata ci ha fatto navigare in un sogno lungo nove anni, da Merano alle cascate del Toce, passando tra le Alpi, le Dolomiti e i Pirenei…ora ha raggiunto un isola dove i maligni e i cattivi pensieri non potranno più raggiungerlo, perchè solo ai Grandi è concesso di entrare.