Roma, 13 nov – La strage di Nassirya, nella quale il 12 novembre del 2003 persero la vita dodici carabinieri, cinque militari e due civili, impegnati nell’operazione “Antica Babilonia”, non manca ogni anno di suscitare ricordi contrastanti e, soprattutto, polemiche sulle missioni italiane all’estero.
Fra le polemiche, va senza dubbio menzionata quello della deputata grillina Emanuela Corda, che due anni fa fece alcune deliranti osservazioni. Premettendo che sarebbe doveroso – e non si può non essere d’accordo – ricordare “anche i 9 iracheni che lavoravano nella base italiana” la rappresentante dei Cinque Stelle parte poi in quarta: “Nessuno ricorda il giovane marocchino che si suicidò per portare a compimento quella strage. Quando si parla di lui se ne parla solo come di un assassino e non anche come di una vittima, perché anch’egli fu vittima oltre che carnefice”. Fra un po’ diventa quasi un martire della libertà.
La Corda non si ferma però qui, ma continua nella sua speculazione: “Una ideologia criminale lo aveva convinto che quella strage fosse un gesto eroico e lo aveva mandato a morire e non è escluso che quel giovane come tanti kamikaze islamici fosse spinto dalla fame, dalla speranza che quel suo sacrificio sarebbe servito per far vivere meglio i suoi familiari, che spesso vengono risarciti per il sacrificio del loro caro”. Sotto sotto, insomma, non lo si può biasimare per la strage: anche lui teneva famiglia.