Roma, 27 lug – Hanno preso il via in questi giorni i Giochi della XXXIII Olimpiade di Parigi e oggi cercherò di porre l’accento sul perché, a mio avviso, progressivamente le stesse Olimpiadi abbiano perso tanto di quel fascino che avevano fino a pochi decenni or sono.
Il mito di Olimpia
Da grande appassionato di sport, nonché di storia, fin dalla tenera età ho da subito sentito il fascino dell’evento olimpico: negli anni Ottanta non c’era in tv l’overdose di eventi sportivi di oggi, quindi la possibilità di vedere i migliori atleti del mondo di tutte le discipline, tutti insieme e nell’arco di tre settimane, era un qualcosa di veramente ghiotto. Naturalmente mi interessai immediatamente al lato storico e cercai di recuperare più libri possibili sull’argomento, ricchi di curiosità che andassero al di là del semplice lato agonistico.
La voglia dell’essere umano di sfidarsi in competizioni che permettessero di confrontarsi con i propri pari risale praticamente agli albori della civiltà, ma solo nell’antica Grecia esse assursero a vero e proprio evento codificato. Ecco così che le prime Olimpiadi antiche si fanno risalire al 776 a.C. nella città di Olimpia e proseguirono per ben 292 edizioni fino al 393 d.C. I giochi si svolgevano ogni quattro anni, sempre ad Olimpia, e vi si disputavano competizioni atletiche e celebrazioni religiose; inoltre durante il periodo di svolgimento dei Giochi vigeva la cosiddetta tregua olimpica, vale a dire che ogni conflitto bellico veniva sospeso. Vi si svolgevano principalmente gare di corsa, competizioni equestri e incontri di lotta, sia a mani nude che con armi. I vincitori inoltre erano trattati alla stregua di veri e propri eroi popolari. Caduti in declino durante l’epoca romana, vennero poi aboliti a causa della corruzione e dei problemi legati alla sicurezza… insomma gli stessi problemi che in pratica hanno poi portato al declino delle Olimpiadi moderne, ma ci arriveremo presto.
Intorno alla fine dell’Ottocento il barone francese Pierre de Coubertin, grande studioso delle antiche competizioni di Olimpia, attribuì la sconfitta francese nella guerra franco-prussiana ad una scarsa preparazione fisica, inoltre pensava utopisticamente di poter fare avvicinare le nazioni facendole gareggiare tra loro dentro gli stadi, piuttosto che nei campi di battaglia. Dopo lunghe trattative si arrivò alla formazione del Comitato Olimpico Internazionale e alla decisione di fare ripartire le Olimpiadi ad Atene nel 1896. I Giochi furono un grande successo al quale presero parte ben 241 atleti (numero impensabile per qualsiasi altra manifestazione sportiva dell’epoca) e la gara regina divenne da allora la maratona, vinta dall’eroe di casa Spiridon Louis, che arrivò per primo dalla città di Maratona ad Atene, prendendo spunto dalla leggendaria impresa di Fidippide.
Da allora le Olimpiadi estive (dal 1924 si disputano anche quelle invernali) si disputano ogni quattro anni in una città diversa e hanno creato miti, celebrato leggende, vissuto drammi e creato scandali, diventando, edizione dopo edizione, sempre più un fenomeno di business, abolendo progressivamente lo status dilettantistico dei partecipanti che era insito nel motto, ancora più utopico, di de Coubertin, per il quale l’importante doveva essere partecipare e non vincere. In effetti ci furono dei casi nei quali lo sconfitto divenne un eroe molto più dell’effettivo vincitore e l’esempio più lampante è quello dell’italiano Dorando Pietri, che vinse la maratona a Londra 1908, ma venne squalificato in quanto, ormai stremato, venne sorretto dai giudici di gara che lo aiutarono a superare il traguardo.
Ci furono anche episodi drammatici, come a Monaco di Baviera nel 1972, quando un commando di Settembre Nero fece irruzione nel villaggio olimpico, uccidendo undici atleti israeliani e un poliziotto tedesco. Poi arrivò la guerra fredda e i paesi del blocco occidentale (tranne l’Italia, che un tempo a livello diplomatico sapeva muoversi divinamente) boicottarono l’edizione di Mosca 1980, ricambiati da quelli del blocco sovietico a Los Angeles 1984.
Il woke è solo l’ultimo atto del declino delle Olimpiadi
Quando finalmente le cose a livello geopolitico sembravano volgere alla normalità, le Olimpiadi entrarono in una fase di declino dovute al doping (che era sempre esistito, ma paradossalmente fu l’antidoping a togliere la magia alle prestazioni, mostrandoci ciò che era a tutti gli effetti un segreto di Pulcinella), all’introduzione di sport assurdi a discapito di quelli storici ormai privi di appeal per le nuove generazioni (a Parigi avremo addirittura la breakdance e per le future edizioni si parla persino degli eSports, vale a dire i videogiochi!), ma soprattutto, a partire dagli anni 2000, ai deliri globalisti e woke. Le élite liberal si sono rese conto che le Olimpiadi non potevano più essere un confronto sì leale, ma pur sempre assolutamente patriottico, nelle quali l’orgoglio nazionale traeva linfa vitale. Ecco così che ora vengono sempre di più celebrate le imprese di atleti di cosiddetta seconda generazione, sottratti spesso alla nazione d’origine per mere considerazioni economiche, perché le medaglie portano soldi e, di conseguenza, voti, ai vari comitati olimpici. La realtà è che così il medagliere non ha più alcun senso, anzi le nazioni africane vengono private dei loro migliori atleti nel nome di un antirazzismo di facciata che sa tanto di ipocrisia.
Ma guai a gridarlo troppo forte, per questa edizione si è usato pure un tedoforo trans e, tanto per darci la consueta spruzzata orwelliana, se volete entrare a Parigi in questi giorni dovete avere a disposizione un codice qr. E, nemmeno a dirlo, la tregua olimpica è ormai soltanto un lontano ricordo.
Roberto Johnny Bresso