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Dal Mega ai dazi, tutte le trappole di una (falsa) opposizione tra Trump e l’Europa

by Michele Iozzino
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Roma, 4 feb – Sembra già un copione già scritto: l’Unione europea e Donald Trump come avversari inconciliabili, visioni del mondo contrapposte a contendersi le sorti politiche del mondo. I diritti dell’uomo contro l’autocratura arancione e la broligarchia, per i progressisti. La libertà contro la burocrazia di Bruxelles e le sue follie ideologiche, per tutti gli altri. Ma come tutte le contrapposizione già scritte, suona come una trappola.

Trump, Musk e l’Europa

La minaccia di Trump – poi in parte rientrata – di dazi nei confronti di Messico, Canada e Cina (i primi due al 25%, il gigante asiatico al 10%), e la possibilità non troppo remota di misure simili anche verso il Vecchio continente ha mandato in subbuglio le cancellerie europee, che promettono di reagire. Nel frattempo su X Musk ha lanciato lo slogan Mega: Make Europe Great Again. E se c’è chi, come Francesco Maria Del Vigo sul Giornale, ne parla come “la proposta più europeista che sia stata avanzata negli ultimi anni”, notando il paradosso che a farla non sia un europeo, bensì “un miliardario sudafricano con cittadinanza canadese e naturalizzato statunitense che pensa di colonizzare Marte e crede in un futuro multiplanetario”. Dall’altra, c’è chi descrive l’iniziativa come una strategia per distruggere l’Unione europea . A riempire di contenuti lo slogan ancora non c’è granché, ma sembra di essere tornati ai tempi di Steve Bannon e The Movement, con i suoi tentativi di creare una “internazionale populista” e le relative ambiguità. A differenza di Bannon, Musk ha dalla sua molte più risorse, influenze e leve di potere. Oltre a una sana fascinazione per la tecnica.

Torniamo ad essere europei

Se alle elezioni presidenziali del 2016 la vittoria di Trump sembrava quella di un outsider, questa volta sembra godere di un certo favore anche tra quelli che contano. In altri termini, se la prima presidenza Trump poteva essere vissuta come una parentesi, la seconda porta con sé un cambio di paradigma ben più radicale. Anche i vertici si sono accorti della necessità di farla finita con immigrazione e inclusività. Il timore qui è che l’Unione europea rimanga ancorata alla versione precedente del paradigma, finendo quindi per essere l’ultimo bastione della sinistra woke. Con il rischio ancora peggiore di coagulare la propria identità su un’opposizione ideologica al trumpismo. Una deriva progressista e anti-identitaria che però convive con la spinta verso un’autonomia o una singolarità europea. Dall’altra parte, invertendo i termini non ci troveremmo in uno scenario di tanto migliore. Così abbiamo la schizofrenia di chi vede l’Unione europea come il male assoluto, il nemico per eccellenza, una semplice forza occupante, un meccanismo disinstallato rispetto all’Europa, finendo poi per aspettare la salvezza dal Trump o il Putin di turno. Ma in fondo, ancora prima di rendere grande l’Europa, dovremmo tornare ad essere davvero europei.

Michele Iozzino

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