Roma, 4 set – Campioni stranieri inventati. La premessa è che non si parla di calciatori scarsi. Non si parla di calciatori scarsi. Lo riscriviamo un’altra volta, “non si parla di calciatori scarsi”. Anche se non abbiamo dubbi che chi non vorrà capire, come al solito, non capirà. Anzi, si tratta di giocatori comunque validi, alcuni addirittura forti (rispetto alla stragrande maggioranza di stranieri scarsissimi che affollano la nostra Serie A), ma che nello strambo immaginario del tifoso italiano medio sono diventati delle sottospecie fuoriclasse pronti a vincere il Pallone d’Oro (premio ridicolo, sia chiaro anche questo, ma come “marketing” piuttosto efficace). Il tifoso italiano medio ha una fretta assoluta nel definire campione il primo straniero che fa un bel dribbling (accontentandosi anche di una o due mediocri stagioni, nel caso di alcuni dei quattro esempi citati nel titolo) direttamente proporzionale alla fretta che ha di liquidare qualsiasi giovane talento italiano come scarso, senza dargli – insieme a dirigenti e allenatori che la pensano nello stesso e identico modo – alcuna possibilità di crescita.
I campioni stranieri inventati che non vuole nessuno (o al massimo campionati minori)
Campioni, fuoriclasse stranieri inventati. Negli ultimi decenni è un fenomeno in continua ascesa. Anche perché la Serie A non ha più la forza economica per comprare gli stranieri “veramente campioni”, come era fino a una ventina d’anni fa. E allora arrivano gli scarti, nel 90% scarsi davvero, nel 10% magari anche forti ma certamente non interessati dalla concorrenza degli altri top club europei. Tanto è che, alla fine, rimangono in Italia. O al massimo finiscono in campionati minori. O, perché no, in Arabia, dove la pubblicità sfrenata che gli abbiamo fatto in casa nostra per anni non può non avere effetto.
Poi, intendiamoci (anche qui, da riscrivere dieci volte, ma tanto chi non vorrà capire non capirà) non è detto che non aver suscitato interesse in altri Paesi sia sinonimo di mancanza di talento ai massimi livelli. Questa non la riscriviamo perché è troppo lunga, speriamo che arrivi almeno a qualcuno. Però, se avviene con tutti e dico tutti i calciatori stranieri che arrivano nel nostro campionato il discorso cambia. Perché lì la tendenza è generale, non riguarda un caso singolo ma intere generazioni di calciatori. O di campioni stranieri inventati, che poi è il succo della questione.
I “fuoriclasse”
La lista dei campioni stranieri inventati è potenzialmente lunghissima, ci limitiamo a questi esempi certi di andare a far breccia nei cuori – incazzati – di chi vedrà come bestemmie certe affermazioni. Paulo Dybala, che probabilmente – anzi sicuramente – è il più forte di quella lista, non è stato voluto mai al di fuori dell’Italia e l’unica sua chance di andare oltre i confini di questo Paese si era tradotta nell’Arabia (poi sfumata la settimana scorsa). Si dirà, per i problemi fisici. Senz’altro. Ma io tifoso non devo giudicare le cause, bensì i risultati. Gli altri sono giocatori che vanno dal discreto al “buonino”.
Osimhen? Grande bomber. Come mai nessuno è disposto a spendere delle cifrone per il nuovo – nella testa del tifoso medio italiano – Haaland? Magari il nigeriano è l’eccezione di cui sopra, chi lo sa. Però è indubbio che alla fine sia finito al Galatasaray, non solo in un campionato minore, ma addirittura con un esborso minimo, visto che il Napoli lo ha ceduto in prestito ricavandone solo il pagamento dell’iungaggio da parte del club turco.
Adrien Rabiot? Due stagioni inutili, le prime in bianconero, da titolare indiscutibile. Poi una crescita, indubbia, di rendimento. Ma come sempre tanta, tanta, tanta sopravvalutazione. Diventa come per magia Paulo Sousa, Rabiot, nell’immaginario dei tifosi bianconeri. Qualcuno delira definendolo un “dispensatore di calcio”. Quando in realtà non parliamo esattamente di un raffinatissimo palleggiatore, ma vabbè, passiamo pure oltre (non è l’affermazione più grave, direi, solo estremamente “sognatrice”). Comunque, il dispensatore di calcio dice no al rinnovo con la Juventus e vuole 10 milioni all’anno. Ancora senza squadra.
Leao? Il nuovo Pelè del Milan ha anche lui esordito in modo anonimo in Serie A. E sempre per due stagioni filate (deve essere una sorta di “clausola segreta” del contratto che porta i campioni stranieri inventati a giocare due stagioni da titolari indiscutibili senza concludere niente). Poi lo scudetto, e lì, effettivamente, abbiamo l’unico anno (insieme a quello successivo dove però non è stato decisivo per nulla) in cui il portoghese sia andato effettivamente al di sopra delle sue possibilità. Poi la mediocrità attuale. E una frustrazione che forse spiega pure la risposta ridicola rifilata a Paolo Di Canio qualche giorno fa.
Ovviamente non c’è la minima intenzione di porre fine a questo delirio. L’anno scorso Khvicha Kvaratskhelia era stato decretato da qualcuno come un aspirante Pallone d’Oro (tanto per cambiare), in futuro ci attendono nuove mitologie, con altri ancora. Avanti così, per continuare a vivere nel magico mondo di stranieri che invadono la Serie A senza dare minimamente ciò che sognano i tifosi nostrani. Che però va detto: devono essere davvero tanto tanto felici, se se lo sono creato a tal punto, questo mondo di Memole.
Stelio Fergola