Roma, 11 ott – L’ONU ha dichiarato che giovedì l’esercito israeliano ha colpito “ripetutamente” alcune basi della missione UNIFIL nel sud del Libano, ferendo due persone. La missione UNIFIL fu istituita dall’ONU nel 1978 e in seguito rinnovata con l’obiettivo di definire e garantire il rispetto del confine tra Israele e Libano, per favorire il raggiungimento di una tregua stabile e pacifica tra i due paesi. Gli attacchi sono stati compiuti nella zona in cui da ormai dieci giorni si sono intensificati gli scontri tra l’esercito israeliano e la milizia libanese di Hezbollah.
Crosetto tuona: “Non ci spostiamo”
Giovedì sera, in una conferenza stampa, il Ministro della Difesa italiano Guido Crosetto ha tuonato duramente contro il duro l’attacco compiuto da Israele, in Libano, contro le basi della missione UNIFIL: due delle tre basi colpite dall’esercito israeliano sono infatti quelle gestite da militari italiani – siamo il contingente più numeroso (quasi 1000 unità) insieme a quello indonesiano – mentre la terza è il quartier generale della missione. Stando alla ricostruzione fatta dal Ministro, l’esercito israeliano ha attaccato la missione dopo aver chiesto alle truppe di spostarsi per evitare di trovarsi nel mezzo di zone di combattimento attive: i soldati di UNIFIL si sono rifiutati di spostarsi, e hanno ricordato che l’obiettivo della missione è proprio mantenere una situazione il più possibile pacifica al confine, sia che entrambe le parti hanno «l’obbligo di rispettare la sicurezza e la protezione». Crosetto ha definito l’attacco israeliano “totalmente inaccettabile“, e ha aggiunto che “non esiste” la giustificazione per cui Israele “avrebbe avvisato UNIFIL di un imminente attacco invitando i soldati all’evacuazione”. “Ho detto all’ambasciatore di riferire al governo israeliano che le Nazioni Unite e l’Italia non possono prendere ordini da Israele“, ha affermato Crosetto, che anche oggi ha ribadito l’impegno italiano sotto l’egida delle Nazioni Unite: “Non saremo mai noi che ci spostiamo perché qualcuno ci dice, con la forza, di spostarci. Noi siamo lì e ci rimaniamo, con la forza del mandato delle Nazioni Unite”. Anche dal Ministro degli Esteri Tajani sono arrivate stamane parole di condanna: “Quello che sta accadendo è inaccettabile. Oggi abbiamo scritto di nuovo al ministro degli Esteri israeliano: aspettiamo che facciano l’inchiesta e, visto che ci sono prove inequivocabili che sono stati i soldati israeliani a sparare contro le basi Unifil, e stamattina c’è stato un altro incidente in una base in cui c’erano una settantina di soldati italiani, ribadisco che è inammissibile”.
Una nuova Sigonella?
Sicuramente è presto per capire la portata delle dichiarazioni di Crosetto. In ogni caso quel che si delinea è una frapposizione netta tra il Governo Italiano e Tel Aviv dopo un attacco del tutto ingiustificato. Forse non è proprio una “Sigonella” – l’Italia è pur sempre inserita in pieno all’interno di un mandato internazionale e dentro schemi di alleanze molto rigidi – ma si potrebbero aprire degli spiragli per attuare alcune importanti misure di rappresaglia: per esempio la cessazione di ogni esportazione di armi verso Israele. Misura già attuata dal 7 ottobre dalla Spagna “per violazione del diritto internazionale dopo l’invasione del Libano” – lo ha fatto sapere il primo ministro Pedro Sanchez in visita proprio a Roma. Ricordiamo che l’Italia è al terzo posto tra i principali fornitori di armi all’Entità Sionista, scavalcati solo da Germania e Stati Uniti. “Ai miei colleghi israeliani ho chiesto: cosa succede la prossima volta? Dobbiamo rispondere? Era una domanda provocatoria per far capire la gravità dell’atto” – ha affermato sempre Crosetto, parlando alle telecamere a margine della sua visita in Kosovo. La domanda non è per niente retorica, ma forse andrebbe rivolta al Parlamento Italiano: è ora di chiarire la posizione italiana in un conflitto che volenti o nolenti ci sta investendo. Evidentemente il capo chino non paga dividendi. UNIFIL, per quanto possano dire i detrattori – ha ben precisi poteri d’intervento, tra i quali quelli di reagire con la forza contro qualsiasi tentativo d’impedire lo svolgimento della sua missione, che resta primariamente quella di “prevenire la ripresa delle ostilità, mantenendo tra la Blue Line e il fiume Litani una area cuscinetto libera da personale armato, assetti ed armamenti che non siano quelli del governo libanese e di Unifil”. Ora la missione si trova a tutti gli effetti in una zona di guerra ed Israele è andata ben oltre le semplici violazioni, è arrivata l’ora di prendere un ruolo.
Sergio Filacchioni