Roma, 21 lug – La comunità internazionale sta affrontando una delle più grandi crisi economiche e alimentari che riguardano da vicino tanto l’Africa, quanto l’Europa. Prima che la carestia, dovuta soprattutto alla carenza della produzione di grano, dilaghi nel mondo, gli stati membri della Ue stanno correndo ai ripari in cerca di valide soluzioni. Così almeno dicono. L’attuale aumento del caldo torrido che sta investendo il vecchio continente, ormai ostaggio di siccità e continui incendi che mandano in cenere ettari e ettari di campi, non sta certo aiutando.
Il blocco del granaio d’Europa
Prima che la Russia attaccasse l’Ucraina, quest’ultima, indicata come il granaio d’Europa, era in grado di esportare fino a 6 milioni di tonnellate di cereali al mese. Adesso però le esportazioni dal paese sono praticamente crollate. L’improvvisa escalation del conflitto russo-ucraino, unito ad una continua situazione di instabilità geopolitica o nazionale, dettata anche dall’emergenza pandemica e apocalittici scenari climatici, ha portato le istituzioni occidentali, a braccetto con le multinazionali, ad alzare drasticamente i prezzi dei generi alimentari.
Ma esiste davvero questa crisi?
Ma l’Ucraina, la Russia e tutti gli altri paesi dell’Est non sono certo il fulcro del commercio alimentare mondiale. Basti pensare che, solo le due nazioni attualmente coinvolte nel conflitto bellico, insieme producono il 14 per cento del grano tenero mondiale (10+4) e il 4 per cento del mais (1+3). Un mercato che di certo non giustifica una crisi economica-alimentare europea, ne tantomeno per l’Italia, ricca com’è di simili risorse. Noi italiani importiamo infatti, da questi paesi in guerra, appena il 3,2 per cento del grano tenero e il 2,5 del grano duro.
Come tutti ci siamo però accorti dallo scoppio del conflitto, il prezzo del grano tenero è aumentato del 70 per cento rispetto al 2021. Situazione ancor peggiore per il grano duro. Questo trova un aumento totalmente ingiustificato, oggi arrivato addirittura all’85 per cento. Aumenti che, logicamente, vanno infine ad influire sul prezzo del pane e, fondamentale per noi italiani; della pasta.
Dalla carestia all’immigrazione di massa
Recentemente, il segretario generale delle Nazioni Unite, António Guterres, aveva suonato la campanella d’allarme alle nazioni. La guerra “minaccia di portare decine di milioni di persone oltre il limite dell’insicurezza alimentare, seguita da malnutrizione, fame di massa e carestia, in una crisi che potrebbe durare per anni“. Stando a queste parole di Guterres, il succo si potrebbe tranquillamente tradurre in forti tensioni sociali e un immigrazione di massa senza precedenti. Considerando un protrarsi della situazione attuale, con un intero continente africano, ma non solo quello, ridotto alla fame e alla sete, si potrebbe presto arrivare ad un invasione verso nord come mai finora ne sono accadute. E, come abbiamo ben avuto modo di vedere in tutti questi anni, con i vari governi succeduti, noi italiani non saremo certo in grado di arginarla oppure controllarla.
Ma la Cina aumenta la produzione di grano
Stando a quanto riportato dalle agenzie di stampa cinesi, sicuramente ultra-filo-governative ma, alla fine, non poi così diverse da quelle delle democrazie occidentali; quest’anno la Cina avrebbe aumentato il proprio raccolto di grano. Si parla di una crescita dell’1% su base annua della produzione totale. Secondo il National Bureau of Statistics, la produzione totale di grano della Cina ha raggiunto 147,39 milioni di tonnellate nel raccolto estivo di quest’anno. In aumento di 1,434 milioni di tonnellate rispetto allo scorso anno. La produzione di grano, un raccolto di base, è stata di 135,76 milioni di tonnellate, con un aumento dell’1% su base annua. Percentuali irrisorie, diranno alcuni, pensando alla sovrappopolazione del gigantesco territorio capital-comunista; ma magari avessimo fatto in Europa noi simili cifre. O quantomeno aver mantenuto quelle degli anni scorsi.
Un 1% tra scienza e natura
Wang Guirong, un funzionario della NBS, ha attribuito al proficuo raccolto estivo di grano cinese, proprio alle condizioni meteorologiche favorevoli e alla promozione di sementi e terreni agricoli di alta qualità. Inutile dire che, come la scienza avrà aiutato nella potenziale semina con grano Ogm e chissà quali fertilizzanti, la natura avrà donato comunque il suo energico contributo con un clima adatto alla corretta crescita delle piante. Questo è avvenuto anche in molte altre parti del mondo che, a differenza nostra, non hanno forse avuto riscontri mediatici negativi. Eh sì, forse a volte è proprio il terrorismo attuato da politica e organi di stampa occidentali a creare le crisi. Al di là di complottismi e scenari apocalittici, al di là di mari e monti in secca; sicuramente ci sarà: in primo luogo da rimboccarci tutti le maniche per sopperire alla carenza di materie prime, e in secondo luogo da limitare i nostri costosi capricci. Magari tornando a riassaporare tutti sapori più genuini, direttamente nelle stagioni nei quali vengono raccolti.
Andrea Bonazza
1 commento
Tornando alla Ucraina, con la Moldavia, granai della defunta Urss… è stata una realtà totalmente incapace di essere nazione per più di un ventennio (sic), Europa-Russia a parte. Falliti, falliti perché non solo di grano ed azzurro “estero” si vive! La Cina deve star attenta a non dover prendere pieghe analoghe.