Roma, 9 ago – È successo quel che gli analisti in pantofole e vestaglia davano per impossibile: Lega e 5 Stellei hanno firmato il divorzio, e dunque la retorica dei partiti populisti sciattoni che si incontrano e si uniscono per sempre è stata destituita di fondamento dalla realtà stessa. Ciò che è accaduto in questo anno è mezzo è spaventoso per la sua semplicità: l’equilibrio formatosi dopo le politiche del marzo 2018 si è letteralmente ribaltato non per ragioni economiche o finanziarie ma per la banale (si fa per dire) capacità di uno dei due partner di governo di fagocitare l’altro. Salvini è riuscito in questo e si è trattato di un’impresa folle che solo un uomo folle poteva pensare di portare a compimento.
Gli errori dei 5 Stelle
I grillini sono nati come schiacciasassi e apritori del Parlamento “come un scatola di tonno”. Avrebbero, così dicevano, disegnato il nuovo quadro della politica, inventato un nuovo modo per interpretarla e poi farla, inchiodando il vecchiume parlamentare al suo status quo, ai suoi privilegi, alle sue bugie. Si sono rivelati una massa di inetti aggrappati al mito del popolo del web, della decrescita felice e dei complottismi facili, remando contro il buon senso della crescita e del progresso tecnologico, con una “ministra” per il Sud che propone a Taranto di abbandonare l’Ilva per darsi alla coltivazione di cozze. Questa è stata la loro cornice, il loro massimo, con Grillo che si è sfilato dalla prima linea per evitare d’essere infilzato dall’inettitudine di Di Maio, dal fancazzismo di Di Battista.
Salvini di lotta e di governo
È emerso, al fianco di tutto ciò, un politico nuovo che ha saputo interpretare il sentimento di sconforto serpeggiante nel paese dandogli un nome, inserendolo in un contesto di proposte, facendolo proprio ed evitando lo snobismo classico del doppio petto con la lingua di legno. È Salvini, ed è il solo a essersi saputo trasformare, da uomo all’opposizione degli ultimi anni, a uomo di governo capace di far aumentare vertiginosamente i sondaggi in suo favore. E lo scarto pesante si è verificato su questo piano, ossia nell’attitudine a far parte di un sistema complesso di governo in cui gli slogan devono almeno in parte lasciare il posto alle idee e alla loro applicazione reale. I grillini mandavano Di Battista in avanscoperta nei terzi mondi per scoprire nuovi modi di fare sviluppo, mentre Salvini volava da Trump per capire come introdurre la flat tax.
Destra e sinistra esistono ancora
E oltre alla battaglia per far pagare meno tasse sugli immobili, al contempo portava avanti quella per garantire la libertà di difendersi dalle incursioni dei delinquenti. Questo esempio spiega tutto. Significa essere di destra? E la destra e la sinistra sono categorie vetuste in via d’estinzione? In realtà no, e non è una bestemmia dirlo. Il Movimento 5 Stelle, sebbene abbia tentato disperatamente di sfilarsi da questa classica bipartizione, non v’è riuscito poiché qualsiasi cosa pensi o faccia risulta anti-sistema ma da sinistra. Non crederete mica che l’appoggio (in un primo momento) di Toninelli a Salvini sul tema immigrazione significhi qualcosa? La Lega ha evidenziato ancora la propria anima di destra liberale, non sociale, restando sui binari costruiti dal vecchio Umberto Bossi. E se non si alleerà con Forza Italia e Fratelli d’Italia, o con uno dei due, è solo per evitare di disperdere la massa di voti che Salvini ha saputo concentrare sulla propria persona.
La fine dei moderati
In fine, la moderazione, che non è una virtù. Renzi non è mai stato moderato. Berlusconi tanto meno. Salvini rivendica il suo essere ruspante e il Movimento 5 stelle, con tutti i suoi limiti, ha sempre giurato di voler far saltare per aria l’intero sistema. I moderati, insomma, non esistono, sono una finzione politica e una creazione artificiosa per richiamare a sé questa famigerata tipologia d’elettore utile a prendere la distanze da chi risulta un dinamitardo. Il punto è che nessun politico di razza può esser moderato, né è credibile il desiderio di attrarre presso di sé i voti delle anime candide e pie. La continua rivoluzione, la ricerca del massimo, la messa in gioco delle proprie certezze contraddistinguono un politicante addivanato da uno col fiuto e il piglio giusto.
Scrive Mordo Nahum che “guerra è sempre”, ed è per questo motivo che andremo a votare.
Lorenzo Zuppini