Napoli, 22 ott – Luigi De Magistris torna a far parlare di sé. Martedì scorso una bufera si è abbattuta sulla sua Giunta. La Corte dei Conti, con la deliberazione n. 240/2017, ha espresso criticità sulle spese del Comune di Napoli. Secondo la magistratura contabile l’ente guidato da De Magistris ha recuperato parte del disavanzo originario (850 milioni dal 2013 al 2015) per effetto di un’errata contabilizzazione delle entrate.
I conti non tornano e per questo la delibera dispone “che siano poste in essere, entro sessanta giorni, le misure correttive necessarie a superare le rilevate criticità e a comunicarle a questa sezione”. Un’accusa pesante per l’ex magistrato prestato alla politica. Vediamo perché. L’amministrazione comunale – secondo la delibera – avrebbe messo a bilancio i finanziamenti dello Stato del fondo di rotazione, che servono per mantenere inalterati i servizi essenziali dei cittadini ma che, in un secondo tempo, devono essere restituiti. Inoltre, il Comune avrebbe effettuato un errato riaccertamento dei residui attivi, il cui indice di riscossione è risultato di gran lunga superiore al reale incasso del Comune. In questo modo non sono emersi altri debiti fuori bilancio che, invece, hanno aggravato il disavanzo del comune, salito a oltre un miliardo di euro. Una bella batosta per l’ex magistrato prestato alla politica. Il primo cittadino, però, si difende sostenendo di non avere “colpe politiche, la relazione non è una bocciatura: certifica una fotografia di preoccupazione che è la stessa preoccupazione nostra. In questo pronunciamento non vedo alcuna manina politica”. Le cose potevano andare peggio a detta del sindaco: “Poteva esserci una dichiarazione di dissesto”. In pratica il capoluogo partenopeo sta precipitando ma ancora non si è schiantato a terra.
Palazzo San Giacomo comunque farà ricorso non condividendo alcuni punti, come quello relativo allo sforamento del Patto di stabilità per l’annualità 2014. Il pittoresco leader partenopeo si prepara a dar battaglia: “Mentre noi in questi anni abbiamo dovuto rispettare quel patto, il governo e il parlamento hanno cambiato le leggi. Hanno ulteriormente tagliato le risorse e hanno modificato le norme in materia di bilancio. Il Comune, di fronte a simili norme, non può fare più di quanto abbia già fatto. Da qui a Natale ci saranno atti concreti”.
Basteranno i proclami da capopopolo per avere la meglio? Questo lo vedremo. Al momento l’unica certezza che rimane riguarda la gestione dissennata del patrimonio del capoluogo campano. Facciamo qualche esempio. Nel settembre del 2011, la giunta di De Magistris, in carica da pochi mesi, approvò una delibera che trasformò l’Arin, la società di gestione delle risorse idriche, in Abc (Acqua come bene comune). Sei anni dopo questa partecipata era praticamente fallita: 16 milioni di euro sono dovuti al Comune per i dividendi del 2013, 35 milioni di euro circa di servizi forfettari e fontane idriche che il bilancio comunale non riconosce all’azienda. Lo scorso agosto, il presidente di Abc, Marina Paparo, s’è dimessa dall’incarico insieme con l’intero cda. A luglio sulla relazione firmata dai tecnici interni si leggeva che “a tutt’oggi rispetto alle richieste formulate a novembre 2016, molteplici problematiche non risultano ancora risolte e s’accumulano con evidente e preoccupante ritardo. Criticità legate alla mancanza di fondi e automezzi, sino all’abbigliamento degli operai. Il vestiario distribuito essendo invernale non è più idoneo”.
E mentre in estate l’operaio dell’Abc lavora con il maglione, i centri sociali si arricchiscono gestendo circoli ricreativi in spazi pubblici regalati dalla giunta. Il legame tra Luigi De Magistris e i gruppi dell’estrema sinistra è sempre stato molto forte. Va ricordato, infatti, che molti pezzi pregiati del patrimonio immobiliare di Napoli sono gestiti dai gruppi dell’autonomia napoletana. A tal proposito, nei giorni scorsi, ci sono state acquisizioni d’atti della Guardia di finanza negli uffici comunali non solo riguardo alle assegnazioni dirette ma anche sulle spese di manutenzione e funzionamento (acqua, luce, gas) delle strutture pagate dal comune. Ecco come con il clientelismo delle “autogestioni” cresce e prospera il bacino elettorale del buon De Magistris.
Salvatore Recupero
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