Roma, 7 apr – Istituti scolastici come istituti di pena, convinzioni personali – che vanno dalla preparazione al tifo – quale parametro di scelta tra il Bene e il male, tra il Giusto e lo sbagliato, umore del corpo docente che decide se la pena può bastare oppure oggi è un utile giorno in più per punire. Libri usati come punizione che, a ben vedere, è la stessa “punizione” da cui Re-pub(bl)ica & compagni trasecolavano all’epoca delle dichiarazioni del militante (“mili-poco” sarebbe meglio) Samuele Batistoni, spaventatosi dalle letture consigliate semplicemente per meglio capire una situazione che si apprestava a vivere. È, forse, questo il “Fascismo” degli antifascisti? Tralasciando la tristezza e la rabbia che provoca cotanta perifrasi già solo a sentirla, è questa la foto della scuola che esce dopo l’azione del Blocco Studentesco che ha visto l’esposizione di alcuni cartelli con la dicitura “antifascismo=mafia”. Docenti che propinano testi volti alla “rieducazione”, utilizzando il termine con la stessa faciloneria e la pressapochezza con cui bollano quale “fascismo” tutto ciò che può essere sinonimo di negativo che, molto spesso, è semplicemente solo ciò che all’interlocutore di turno non piace.
Quei tentativi di “rieducare” i giovani non conformi
Non bastavano le letture “rieducative” come Il fascismo degli antifascisti di Pasolini, le sospensioni con obbligo di frequenza, la minaccia e la tensione di non poter sostenere la Maturità, le bocciature e chissà chi o cosa ha salvato i giovani discoli tutti libri & moschetti da plurime somministrazioni per endovena del santon Matteotti, adesso – apprendiamo dalle tivvù irpine – che i giovani sono stati addirittura accompagnati in viaggio “distruzione” alla Caritas, a (veder) fare volontariato! Al netto dell’interrogativo dalla difficile soluzione “ma cosa diamine c’entra?”, forse al supponente, saccente corpo docente deve essere sfuggito che queste generazioni prendono parte, se non organizzano in toto, mensilmente alla distribuzione alimentare per le famiglie bisognose. E sono gli stessi che, magari assentandosi da scuola, sono corsi a prestare soccorso nel terremoto del centro Italia o in Emilia-Romagna e a Ischia, colpite dalle recenti alluvioni. La stessa Emilia-Romagna balzata agli onori delle cronache per il famigerato “triangolo della morte” di cui gli stessi insegnanti tacciono. Come il Forteto. Come Bibbiano. Questi sono ragazzi che hanno dei valori e credono nei valori che incarnano, vivendoli. Nel quotidiano. Nel pratico.
La scuola tra le catene dell’antifascismo
“Chi sa, parli!” ebbe modo di scrivere il parlamentare comunista Otello Montanari a proposito della strage perpetrata da settori del Pci a danno di dissidenti e semplici invisi, preti, giornalisti, proprietari terrieri, ma anche semplici braccianti anticomunisti e che gli fruttò un bell’allontanamento dall’Anpi e una graduale e cancerosa emarginazione dal partito. Forse, visto che questo corpo docente tante cose di questi ragazzi non sa, sarebbe il caso di prendere esempio e di adottare il “chi non sa non parli!”. Sessantottini e “reduci” invecchiati male che sciorinano De Andrè “urbi e stordi” e poi si dimenticano i sermoni che lo stesso elargiva a proposito dei giovani, quando diceva che egli era il primo a non credere che i giovani non abbiano valori. La colpa è dei “grandi” che sono troppo affezionati ai propri. Perché, se l’antifascismo è un valore che ti porta a schierare, non si capisce il motivo per cui i ragazzi non possano ugualmente schierarsi, ma dalla parte opposta. Da quella dell’identità che consente alla parte “anti” di vegetare ancora dopo un secolo. Perché, se gli ingordi “anti” hanno sconfitto il Fascismo quel 25 aprile di un secolo fa, oggi in tale fausta data potrebbero abbuffarsi tranquillamente di pastasciutta fino a far scoppiare le onorevoli pance. Se, invece, gli “anti”-professori si sentono in pericolo, allora devono prendere coscienza di non aver sconfitto proprio nulla e che, probabilmente, il 25 aprile farebbero meglio a rendere omaggio alla collaborazione di Al Capone & soci arruolati per la causa. Persa. Sarebbe una buona occasione per uscire dalla forma mentis “Camera-Fabietti” ereditata e coltivata tra le aule okkupate e i fumi della saccenza scambiata per sapere e per porsi delle domande a cui evidentemente ora bisogna rispondere diversamente dal: “la strage della brigata Osoppo, interamente costituita da partigiani cattolici, massacrata dai Gap comunisti? Mai avvenuta! La resistenza? Tutta rosa e fiori! Le Foibe? Sì, ma è un fenomeno secondario! Il comunismo? Un’ideologia utopica al servizio dell’uomo! I gulag? Ci sono stati, ma i campi di concentramento erano peggio! La Seconda guerra mondiale? Colpa della Germania che invase la Polonia! (Mica della Russia sua alleata!) I sei milioni di ebrei? I 100milioni vittime della Falce e del Martello è un numero gonfiato!”. Questo e non solo questo, ma mille altri crimini è stato l’antifascismo.
Potremmo andare avanti così tanto da riempire un manuale, ma se non si ha un minimo di onestà intellettuale per parlare di certe cose, non ci potrà mai essere il confronto: è un caso che ogni volta che gli anti parlano di Fascismo non ci sia mai il contraddittorio? Sicuramente no! Per fare buon uso dell’onestà intellettuale occorre avere se non il sapere quantomeno la conoscenza. Invece, questa scuola, questa buona squola (ma buona a che? A creare l’homo novus, ovvero quello rieducato e riadattato a proprio ab-uso&consumo?) è ancora imprigionata dalle catene cavernose di Platone, seppur ospitata negli attici del centro di città Ztl dalle strisce pedonali arcobaleno ed è buona ancora una volta a non sapere. Che è grave. Gravissimo. Ma, se sa, e tace, è persino omertosa. Che è caratteristica peculiare di ogni mafia.
Tony Fabrizio