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C'era una volta il West. L'America che poteva essere ma che non è

by La Redazione
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Roma, 22 giu – “Aspettavi me? Da molto tempo”. Eccolo il preludio ad uno dei duelli più famosi della storia del cinema: deserto ocra bruciato dal sole della frontiera, un imperscrutabile Charles Bronson con un armónica al collo aspetta pazientemente un oscuro Henry Fonda che scenda dal suo cavallo. Solo due uomini che devono incontrarsi, il deserto, le pistole nella fondina, il vento tra i capelli ed un conto da regolare. Un uomo che va incontro al suo destino ed un altro che lo aspetta: tutto nella norma per un passato tutto sommato prossimo, lontano anni luce dall’era della “polizia postale” che attenta vigila sulle pericolose offese su Facebook o del cyberbullismo su WhatsApp.
Siamo in un’altra epoca, o forse siamo in un momento catartico fuori dal tempo: uno dei due morirà ma questo non importa. Entrambi già hanno preso coscienza che prima ancora che si prema il grilletto “L’Uomo” e il suo paradigma per cui un attimo di coraggio e onore vale una vita intera sparirà con loro, aldilà dell’esito del duello. Frank il bandido senza scrupoli che negli ultimi anni aveva tentato di ripulirsi, divenendo un new rich si “redime” per tornare un bandito. Basta ordini agli scagnozzi ora è lui che deve rispolverare la sua colt e affrontare il suo nemico, il suo più grande dubbio, il grande enigma: chi è il mio nemico? Quella curiosità cristallina, quella voglia di scoperta che ha spinto i navigatori più là del mare. Dall’altra parte un uomo che incarna l’idea marmorea e fredda della vendetta, del famoso piatto che va servito freddo, quell’istinto irrazionale che si trasforma nella più assoluta razionalità, l’odio cieco che si evolve sino a diventare missione. Queste la parti in gioco nel grande capolavoro di Sergio Leone del 1968 “C’era una volta il West”. Un finale che vale le eterne inquadrature del regista romano sugli infiniti dettagli, segno indelebile di un cinema antico molto lontano dai film di oggi che viaggiano ad un altra velocità.
Questa non è l’anacronistica recensione di un film, piuttosto la descrizione dell’attimo in cui nascono gli Stati Uniti d’America nel segno della tecnologia e della “velocità alienante” ( i treni…quegli stramaledetti treni) in barba a quelli che dovrebbero essere i valori fondanti di una nuova nazione: il sangue e il coraggio. Il mondo prende la sua direzione, loro restano lì. “Così alla fine hai scoperto di non essere un uomo d’affari. “Solo un uomo!”. “Una razza vecchia. Verranno altri Morton… e la faranno sparire. “Verranno altri treni, gli affari, le bandiere insanguinate, i popoli nativi calpestati. Ma loro resteranno lì, nel loro passato…e come tutto quello che è passato da un momento all’altro deve finire! La linea è tracciata. Il vento alza la sabbia del deserto dell’ovest: è tempo per i due duellanti di attuare L’ultima scena. Le colt escono dalle fondine, riflettono al sole. Due colpi, un ricordo, la fine. Uno morirà l’altro sparirà lasciando l’esempio e marcando la differenza sostanziale tra l’America e gli “americani”. “Chi sei?” “Rischi di non saperlo mai…”. È il nuovo mondo. È la nuova era. Il gesto, l’esempio rappresenta invece l’antico e il tradizionale. Quello che resta. Un’epopea di un popolo che poteva essere, piuttosto di una nazione che è. “Make America great again”, dicevano e dicono.
Diego Gaglini

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2 comments

Raffo 22 Giugno 2018 - 5:29

Non so……..vedremo………mai date la white America spacciata……..certo che dopo otto anni di latrina e luridume materiale e morale dell’islamico obama sentirsi ancora animati dallo spirito del west pare assai arduo e il buon trump è quello che è……. Auguri.

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Tony 22 Giugno 2018 - 7:19

……la vita non è che l’attesa della morte…che almeno sia degna ….

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