Roma, 31 mar – Adagiata maestosamente sulle acque del lago di Garda, la Rocca Scaligera di Sirmione è l’ingresso ad una delle città più amate d’Italia. Stiamo parlando di un castello le cui mura fluttuano sulle acque, una meraviglia dell’architettura che potrebbe tranquillamente essere stata ideata dalle narrazioni di Tolkien. Parte della darsena, l’antico porto cittadino, è ancora racchiusa dalle chiare mura in pietra. Un tempo la flotta scaligera era protetta da questo sistema di fortificazioni bagnate dal lago.
A voler la costruzione del castello verso la metà del 1200 (forse su un antico castrum romano) fu il podestà cittadino Mastino della Scala. Ancora oggi si possono ammirare le tre torri caratterizzate dalle merlature a coda di rondine, segno imprescindibile dell’architettura ghibellino-scaligera. Alle spalle dei torrioni è collocato un mastio di 47 metri, sotto al quale erano ubicate le prigioni della fortezza.
Salendo 146 gradini si raggiungono i camminamenti di ronda delle mura e il mastio, da cui si gode di uno spettacolo mozzafiato. Oltre al paesaggio, si possono ammirare anche le torri che difendono la darsena, le quali, diversamente da quelle del castello, non posseggono una merlatura a coda di rondine ma a punta di lancia.
Un castello “leggendario”
Nel ‘400 la città di Sirmione passò alla Repubblica di Venezia e con lei anche la Rocca Scaligera, agognata dai Veneziani per la lacustre posizione strategica. Il Doge fece rafforzare le difese del castello e la darsena, anche se un secolo più tardi il primato difensivo di Sirmione passò alla fortezza di Peschiera del Garda.
In epoca napoleonica e poi sotto la dominazione austriaca, il castello venne utilizzato come deposito di armi e vettovaglie e per fare alloggiare le truppe. In seguito ospitò gli uffici comunali, l’ufficio postale, l’alloggio dei Carabinieri e un piccolo carcere. Per poter ammirare la costruzione allo stato attuale si dovettero aspettare i restauri eseguiti del 1919, subito dopo la Grande Guerra.
Come ogni rocca medievale che si rispetti, anche quella di Sirmione è avvolta da una leggenda: si narra che un tempo il castello fu abitato da una giovane coppia di innamorati, Ebengardo e Arice. Questi, una notte di tempesta, ospitarono nel castello un cavaliere di nome Elalberto. L’ospite, ammaliato dalla bellezza di Arice, si intrufolò a notte fonda nella sua camera. Quando la giovane iniziò a urlare per la violenza subita Elalberto la pugnalò. Ebengardo corse allora nella stanza dove trovò Arice senza vita. Preso il pugnale, si vendicò furiosamente uccidendo Elalberto. Secondo la leggenda, ancora oggi, nelle notti di tempesta, si può vedere l’anima di Ebengardo vagare per il castello alla ricerca di Arice.
Avamposto galleggiante
Leggende a parte, il castello è un luogo stupefacente: a cavallo tra Lombardia e Veneto è una tappa obbligatoria per i cacciatori di bellezza del nord Italia, e non solo.
Da secoli il mondo si sposta in quel di Sirmione per ammirare la Rocca Scaligera. Ancor prima dei giapponesi e degli americani, già Goethe, Stendhal e Lawrence ebbero modo di apprezzare il castello, grandi scrittori e poeti rimasti folgorati dalla bellezza di questo “avamposto galleggiante”. Gioiello di una terra che non per caso fu scelta dai romani. Bisogna visitare anche il museo e il parco archeologico delle Grotte di Catullo per rendersi conto della storia sensazionale che abbraccia questi luoghi.
Alberto Tosi