Roma, 6 mag – Stanze sovraffollate, personale inefficiente, corsi di italiano inutili e malattie non curate. E’ la realtà del centro di accoglienza “Enea” nella borgata romana di Casalotti, raccontata da Yohannes Hagos Girnany, un cittadino eritreo di 34 anni al quale è stato riconosciuto lo status di rifugiato dallo Stato italiano e che per molto tempo è stato ospite del centro. “Dentro al centro ci sono molti dipendenti della cooperativa, ma per noi non fanno nulla, aspettano solo che finisca il loro turno”, spiega Yohannes, che racconta anche come funzioni “l’integrazione” all’interno del centro: “c’è un solo insegnante di italiano per 450 persone e nessuno ha imparato la lingua” .
Ovviamente all’interno del centro di accoglienza Enea, gestita dal consorzio di cooperative “Casa della solidarietà”, non ci sono solo rifugiati ma anche molti “migranti economici, clandestini“. Anche sulla gestione dei fondi e sulla problematica sanitaria, le parole del rifugiato eritreo sono chiare: “a noi spettano 1,50€ al giorno. Soldi che spesso non riceviamo per mesi. In più quando mi ammalai di tubercolosi, non venni curato adeguatamente”.
“E’ da più di un anno che con i residenti del quartiere combattiamo per chiedere la chiusura del centro Enea”, spiega Simone Montagna, candidato per CasaPound al XIII Municipio di Roma. “Nonostante la gestione inaccettabile del centro, continuano ad aumentare gli ospiti. La pazienza dei cittadini di Casalotti è terminata”. Una testimonianza, quella di questo ragazzo eritreo, che non fa che confemare quello che è sotto gli occhi di tutti: questi centri sono una truffa. Per dirla con Yohannes “non c’è accoglienza, è solo business“.
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Davide Romano