Roma, 31 lug – Tutte le persone che vorrebbero lavorare nel mondo dello spettacolo hanno un falso amico mai voluto bigotto, reazionario, conservatore e dispotico: il suo nome è Siae.
La Società Italiana Autori ed Editori, la quale nel suo primo consiglio direttivo vedeva nomi celebri come Giuseppe Verdi e Giosuè Carducci, è stata negli ultimi anni al centro delle cronache per scandali di varia natura.
Solo nell’ultimo anno l’ex-presidente Gino Paoli è stato indagato per evasione fiscale riguardante due milioni di euro trasferiti in Svizzera, episodio che ha portato il cantante a dimettersi dal suo ruolo per difendere la sua “dignità di persona perbene”.
Adesso invece sembra essere l’irregolarità dei bollini Siae ad essere tornata nell’occhio del ciclone: la corte d’appello di Roma ha infatti sentenziato che la società italiana, colpevole di aver incassato immotivatamente dei soldi proprio grazie alla tassazione dei bollini, dovrà rimborsare la cifra di 250mila euro a due noti editori italiani. La questione è annosa: già due anni fa la commissione tributaria del Lazio aveva giudicato illegittimi i bollini basandosi su una sentenza della corte di giustizia dell’unione europea che dichiarava illecita la norma al riguardo introdotta nel 2000. Per farla breve, i bollini pagati dai due editori in questione facevano riferimento ad una legge non conforme ai principi di libero scambio dell’unione europea. La Siae sta rimandando il problema ormai da anni. L’unico caso di ribellione verso una norma europea nella storia della nostra Nazione si è palesato verso un’imposta che danneggia artisti ed editori italiani e va ad arricchire le tasche di tutti i baroni che si celano dietro questa società che è vista più come un freno all’attività di giovani artisti emergenti piuttosto che come un mezzo di tutela legale ed economica del diritto d’autore.
In linea di principio è sacrosanto che esista un ente pubblico che si occupi della tutela del diritto d’autore -in altre parti del mondo è qualcosa spesso legata ed aziende private- ma il funzionamento della Siae è da rivedere completamente soprattutto quando esistono mezzi internazionali che offrono servizi equivalenti con offerte più flessibili a seconda delle necessità ed una burocrazia molto meno macchinosa. La fuga dei cervelli passa anche da qui e porta soltanto acqua a mulini oltre confine.
Poco importa che i vertici abbiano fatto sì che da due anni a questa parte l’iscrizione all’ente sia gratuita per gli under 30, quando il suo interesse principale è multare il proprietario del bar colpevole di aver acceso la radio all’interno della sua attività commerciale, oppure di obbligare gli artisti a dover compilare gli obsoleti borderò per ritrovarsi qualche centesimo in busta paga a fine anno o di tassare in maniera esorbitante grossi eventi musicali che portano intrattenimento e innovazione (ultimo esempio il Sensation White a Bologna, che ha dovuto cancellare la sua annunciata tappa in Italia a causa dell’insostenibilità economica dell’evento).
Ad oggi la Siae serve più a tutelare quel circuito chiuso dei grossi nomi dello spettacolo italiano e a tassare i piccoli eventi di paese piuttosto che a promuovere e a tutelare tutto quello che potrebbero offrire dei volti nuovi: dai massimi stati dell’arte al puro intrattenimento popolare, dal lustro nazionale ai posti di lavoro. Tutto questo è da considerarsi fuori dal mondo per un popolo di artisti poeti ed eroi: chissà cosa ne penserebbero oggi i membri del suo primo consiglio direttivo.
Alessandro Bizzarri
Riceviamo e pubblichiamo la versione dei fatti secondo la SIAE:
Nel 2000 entra in vigore un legge che rende obbligatoria l’apposizione del contrassegno-bollino
Si tratta di una legge dello Stato, in cui la Siae ha semplicemente un ruolo di servizio pubblico
Nel 2001 è stato emanato il regolamento esecutivo della legge (relativo alle caratteristiche, rilascio e collocazione del bollino)
Tra il 2000 e il 2001 c’è dunque un periodo di Vacatio Legis – In questo periodo Siae era formalmente obbligata dalla legge ad apporre il bollino, anche se il regolamento attuativo, per un ritardo del governo, non era stato ancora emanato. Vale la pena notare che la mancata apposizione del bollino costituisce una fattispecie di reato e quindi SIAE non poteva rifiutarsi di apporlo.
A questo anno di vacatio legis fa riferimento la causa dei 3 editori milanesi su cui si è pronunciata la Corte d’Appello di Roma (oggetto dell’articolo).
Abbiamo avuto per lo stesso periodo altre 2 richieste di rimborso entrambe rigettate con sentenza passata in giudicato (Tribunali civili di Bari e Roma)
La Cassazione con sentenza del 2011 ha dichiarato la natura tributaria del contrassegno (sottolineandone la funzione pubblica, a vantaggio della comunità).
A fronte di questo, le richieste di rimborso da parte degli editori sono state presentate davanti alle Commissioni tributarie.
Finora ci sono state 27 sentenze; quella che il pezzo di Alessandro Bizzarri menziona (Commissione tributaria del Lazio) è l’unica sfavorevole a SIAE e solo in primo grado – in secondo grado (la scorsa settimana) è stata ribaltata.
Inoltre, vale la pena notare che mai la commissione tributaria si è espressa nel merito della legittimità dei bollini, ma si è occupata degli aspetti formali.
E’ vero che la corte d’appello di Roma ha disposto il rimborso immediato per gli editori milanesi, però: 1) SIAE farà ricorso in Cassazione; 2) Le altre richieste di rimborso simili si sono concluse con sentenze passate in giudicato favorevoli a SIAE. Perché? Perché il Tribunale ha stabilito che SIAE ha comunque fornito il servizio pubblico che era chiamata a svolgere per legge.
Questa è la nostra versione dei fatti, a cui spero vorrete dare uno spazio.
Inoltre mi fa piacere chiarire un altro punto: nell’articolo si fa riferimento al fatto che l’interesse principale di SIAE sia “tassare in maniera esorbitante grossi eventi musicali”. Questo è falso: i diritti SIAE non sono una tassa, al contrario è un meccanismo di remunerazione di chi crea. Le opere d’ingegno sono frutto del lavoro intellettuale, che la legge tutela come ogni altro lavoro e il diritto d’autore non è altro che uno strumento per garantire all’autore i diritti inalienabili sulle sue opere.
Virginia Di Marco
Responsabile Comunicazione SIAE
I bollini Siae sono illegittimi: ennesimo scandalo di un ente da rivedere totalmente
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