Roma, 6 lug – “Il Primato Nazionale” si è già occupato ampiamente dei recenti e reiterati interventi con cui Tito Boeri, Presidente dell’INPS, ha sostenuto che il bilancio dell’INPS non potrebbe reggersi senza l’apporto dei migranti. Tale tesi è stata ampiamente confutata sulla base di alcune semplici constatazioni di fatto, difficilmente smentibili.
1) La mera presenza di masse crescenti di pseudo-rifugiati (che ormai anche Macron definisce “migranti economici” e che noi definiamo semplicemente clandestini ospitati a spese dello Stato Italiano), privi di regolare rapporto di lavoro e conseguentemente di base contributiva su cui effettuare versamenti contributivi di sorta, non può in alcun modo alimentare le casse dell’INPS.
2) Gli stessi versamenti contributivi dei lavoratori in possesso di regolare permesso di soggiorno e rapporto di lavoro con una regolare posizione contributiva non sono nemmeno minimamente in grado di contro bilanciare le prestazioni (pensionistiche, assistenziali, a sostegno del reddito, etc.) di cui beneficiano e sempre più beneficeranno gli immigrati regolari e le loro famiglie.
3) L’eventuale contribuzione dei lavoratori in possesso di una regolare posizione contributiva non si aggiunge agli eventuali versamenti dei lavoratori autoctoni, ma li esclude, sostituendosi concorrenzialmente ad essi e tendendo ad abbassare i livelli salariali ed espellere dal mercato del lavoro la manodopera indigena secondo il noto meccanismo del c.d. “esercito industriale di riserva” di marxiana memoria e la più recente logica della “grande sostituzione”.
4) Non si tiene conto delle “esternalità negative” che si riverberano al di fuori del sistema previdenziale su tutto il sistema dei servizi pubblici e dell’amministrazione dello Stato, con una crescita abnorme della quota di spesa pubblica destinata agli immigrati (spesa sanitaria, assistenziale, per alloggi pubblici, senza tenere conto delle spese carcerarie dovute ai detenuti stranieri, etc.) e una continua erosione della spesa pubblica destinata alla popolazione autoctona, con gravi conseguenze sulle famiglie italiane e sul tasso di natalità.
Come se non bastasse il triste spettacolo di un Presidente dell’INPS – articolista di “La Repubblica” e barone universitario “progressista” e “politicamente corretto” nominato da Renzi e organico al PD – che esprime opinioni assolutamente antiscientifiche sulla materia in cui egli dovrebbe essere la massima autorità in Italia, emergono adesso probabili, inconfessabili ragioni alla base della sua eclatante sparata sui migranti (e sull’aspettativa di vita nella determinazione dell’età pensionabile).
Con un comunicato del 5 luglio 2017 l’USB (Unione Sindacale di Base) Pubblico Impiego, il sindacato che nelle ultime elezioni RSU dell’INPS del 2015 ha raccolto a livello il 23,10% dei voti tra i dipendenti dell’INPS, risultando il secondo sindacato per consensi all’interno dell’ente previdenziale, attacca Tito Boeri: “Incredibile il tempismo del presidente Inps Tito Boeri: spara due bordate su migranti e aspettativa di vita costringendo i media a dare ampio risalto alla presentazione del rapporto annuale dell’INPS proprio mentre Raffaele Cantone sta valutando la congruità delle nomine dei dirigenti generali dell’ente di previdenza con il parere della Commissione esterna, voluta dal presidente, che ha vagliato i curricula e avanzato una rosa di proposte per ciascun incarico (…) Il presidente dell’INPS alla presentazione del Rapporto annuale ha dichiarato che senza le entrate contributive dei migranti in vent’anni mancherebbero 38 miliardi alle casse previdenziali non spendendo una parola sui diritti di quei lavoratori, considerati evidentemente utili solo a far quadrare i conti dei fondi di previdenza. (…) “Boeri si è detto anche contrario a bloccare la crescita dell’età pensionabile che oggi è legata all’aumento dell’aspettativa di vita – insiste il sindacalista USB – Il presidente dell’INPS è preoccupato che non ci siano risorse per pagare le future pensioni ai giovani e così li vorrebbe far lavorare ben oltre i settant’anni, fino a crepare prima di aver raggiunto il diritto all’assegno”.
L’indagine della Corte dei Conti e dell’Autorità Nazionale Anticorruzione (ANAC) di Raffaele Cantone sugli incarichi dirigenziali generali dell’INPS, riguardante l’imputazione secondo cui Tito Boeri avrebbe “nominato dirigenti un amico e il suo capo segreteria” (“Il Fatto Quotidiano”, 20 marzo 2017; più esattamente si tratta di nomine a dirigente generale) è partita da una denuncia per danno erariale nei confronti del Presidente dell’INPS del collegio dei sindaci revisori dell’istituto di previdenza.
L’intera vicenda, dunque, mostra ancora una volta come l’ormai insopportabile retorica immigrazionista costituisca, oltre che un palese e sfrontato atto di tradimento verso la nostra Nazione e il nostro Popolo, anche la foglia di fico con cui si tenta di coprire un sistema di gestione della cosa pubblica torbido e profondamente malato.