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Berlusconi, 30 anni fa la “discesa in campo”: una storia di immobilismo ma anche di qualche visione giusta

by Stelio Fergola
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Berlusconi discesa in campo

Roma, 26 gen – Non imperversiamo troppo su “l’Italia è il Paese che amo”, visto che Silvio Berlusconi ne ha tratto già abbondanti prese in giro sin dai tempi della “discesa in campo” e insistere sarebbe solo banale. Riflettiamo però sulla figura del Cavaliere, protagonista di una storia politica complessa, contraddittoria e controversa, ma con qualche spunto perfino positivo che alla politica italiana attuale manca completamente.

Berlusconi e la discesa in campo

Era il 26 gennaio del 1994 quando, con quel famoso video diffuso in tute le televisioni, Berlusconi, allora solo presidente di Mediaset e del Milan, si apprestava ad avviare la sua “discesa in campo” e la marcia verso la carica anche di presidente del Consiglio. Al suo partito di nuova fondazione, Forza Italia, sarebbero bastati appena tre mesi per scalare le posizioni del consenso e diventare addirittura il primo d’Italia, andando al governo insieme all’accoppiata “inedita” dell’Msi-Alleanza Nazionale insieme alla Lega Nord. Un esecutivo che durerà appena otto mesi, cadendo nel gennaio del 1995 a causa del “ribaltone rapido” di Umberto Bossi e la conseguente formazione del primo degli infausti governi tecnici che avrebbero imperversato nel nostro Paese negli ultimi trent’anni, quello guidato da Lamberto Dini. Alle successive elezioni Berlusconi si arrenderà alla coalizione dell’Ulivo e a un sistema elettorale complicato che renderà vano il suo maggior numero di voti rispetto all’alleanza di sinistra. Nel 2001, il trionfo che lo farà governare per 5 anni, successivamente, nuova sconfitta – seppur, dubbia, visti gli scandali delle schede “scomparse” – e nel 2008 l’ultima affermazione che lo farà governare fino al 2011. In estrema sintesi, questa la carriera politica di un “Cavaliere” che dopo, pur rimanendo al centro della scena, non sarebbe più stata di attore diretto alla guida di un governo italiano.

Nove anni di immobilismo e qualche intuizione

Oltre le scemenze che raccontano da sinistra quando parlano di “ventennio berlusconiano”, interponendolo in modo matematicamente arbitrario tra il 1994 e il 2011 e dimenticandosi che il tempo effettivo ufficialmente al potere, tra gli otto mesi del primo esecutivo, i cinque anni del secondo e i tre anni circa del terzo, sia stato di nove anni, c’è da descrivere una situazione politica che lascia l’Italia nell’immobilsmo. L’unico merito vero di Berlusconi in politica interna è sostanzialmente quello di aver frenato una sinistra ben più dannosa di lui. Non gli si può appuntare alcuna colpa per la svendita del patrimonio industriale pubblico italiano, avviata e sviluppata dai governi di Romano Prodi e Massimo D’Alema tra il 1996 e il 2001, ma va ricordato che, ne avesse avuta l’occasione, difficilmente avrebbe preso una strada diversa, essendo dichiaratemente ispirato dalla dottrina del più puro liberismo economico. Il resto, tanti “vorrei ma non posso o non riesco”. La fiscalità meno oppressiva è rimasto un sogno mai realizzato, a meno che le briciole non siano da considerarsi dei risultati. Idem la “rivoluzione liberale” che (nell’ottica di chi appoggiava la filosofia politica di Berlusconi, chiaramente) era uno scopo tanto proclamato quanto mai concretizzato.

In politica estera non si va quasi mai oltre il solito e banale ripiegamento sulle politiche di Washington. Questo sebbene Berlusconi sia stato praticamente l’ultimo premier a sviluppare piccoli spazi di autonomia di un’Italia sempre più destinata all’irrilevanza. Tra questi, senza dubbio l’accordo di Pratica di Mare del 28 maggio 2002, con cui il nostro Paese si affaccia, forse per l’ultima volta, sulla grande scena internazionale ponendosi come ponte diplomatico tra Stati Uniti e Russia. Ma anche gli accordi sui flussi migratori con Muʿammar Gheddafi, pur non privi di elementi di subordinazione, non possono sicuramente venire archiviati come una parentesi negativa. Infine, l’ultimo squillo nel 2011, quando il premier Cavaliere ebbe un sussulto contro le imposizioni di Bruxelles e venne defenestrato senza troppi complimenti. Berlusconi è stato un personaggio complesso, dai lati oscuri ma perfino qualche lume: gli altri attori della nostra politica in quei decenni non possono dire lo stesso.

La piaga dell’antiberlusconismo

Peggio della politica immobile di Berlusconi c’è stato solo il più clamoroso ritardo mentale di massa mai visto in una comunità: l’antiberlusconismo. Fenomeno culturale per analfabeti in possesso di titoli di studio, il delirio socio-culturale suddetto ha generato intere schiere di matti convinti di essere perfino intelligenti, i quali mentre l’Italia si svendeva all’Ue e distruggeva il suo tessuto industriale e sociale hanno pensato bene di vedere nel terribile “nano di Arcore”, stimolati da una stampa, da una cultura mediatica e perfino da una satira tutte a senso unico, il male assoluto da sconfiggere mentre la sua storia ci racconta quanto abbia rappresentato perfino quello minore. Una storia di distrazioni di massa talmente estese da lasciare sconfortati che, per fortuna, si spera sia finita per sempre. In attesa del prossimo delirio.

Stelio Fergola

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