Roma, 17 apr – Il luogo era la baia dei Porci, l’isola era quella di Cuba, la data il 17 aprile 1961. Il clima era teso, a Washington non potevano neanche pensare che nel loro gigantesco feudo centro e sudamericano ci fosse qualcuno ostile, qualcuno che non solo si rifiutava di essere suddito, ma addirittura ci riusciva concretamente. Questo “qualcuno” era la Cuba di Fidel Castro, nata appena due anni prima dalla rivoluzione che aveva posto fine al regime di Fulgencio Batista, fuggito dall’isola il primo di gennaio del 1959. Così nella primavera del 1961 gli americani tentarono di “rimettere le cose a posto”. Ma fu un fallimento.
Baia dei Porci, l’assalto al regime cubano miseramente fallito
L’assalto alla baia dei Porci va chiamata in un solo modo: invasione. Le parole esistono, usiamole. Gli americani tentarono un’invasione dell’isola, al fine di rimettere in riga Cuba nel novero dei Paesi supini alla geopolitica statunitense nell’area: ovvero, tutti. Allora come oggi. L’eccezione cubana, insomma, andava eliminata al più presto. Ma non era così semplice, visto l’appoggio sovietico e il clima della guerra fredda. Sul tentativo c’è poco da dire se non ricordarne la cronaca pura. L’operazione era stata pianificata dall’allora direttore della Cia Allen Welsh Dulles già poco dopo l’insediamento del nuovo governo cubano. Fu messa in pratica in quel periodo che, peraltro, era d’esordio per il nuovo presidente John Kennedy. Una serie di attacchi aerei con lo scopo di distruggere le Forze armate cubane lo precedettero, sebbene vi fosse anche l’obiettivo di causare una sollevazione popolare contro Castro allo scopo di rovesciarlo. All’una di notte del 17 aprile, un manipolo di uomini sbarcò alla Baia dei porci, ma la sollevazione popolare non ci fu. E in meno di tre giorni gli invasori vennero sconfitti, anche grazie alle armi sovietiche fornite in aiuto a Cuba. Ora, al di là dei fatti evidenti, il tema è quello della mancata sollevazione popolare.
La rivoluzione cubana non fu principalmente una questione “comunista”
Questo andrebbe sempre ricordato. La rivolta di Fidel Castro, Ernesto Che Guevara, di Camilo Cienfuegos e degli altri non fu semplicemente una rivoluzione comunista d’ìspirazione sovietica. Semmai fu una rivoluzione patriottica che abbracciò in seguito il verbo sovietico, probabilmente per ragioni di opportunità (sebbene non mancasse chi nel gruppo fosse genuinamente ispirato da principi marxisti). Il principio fondante resta la resistenza all’imperialismo di Washington e l’affermazione della sovranità nazionale. Poi viene – anche – tutto il resto. Il fallimento dell’invasione alla Baia dei porci è emblematico perché non riesce suscitare alcuna sollevazione popolare, visto che il nemico percepito era un altro, ben definito e non stanziante certamente al governo del Paese. C’è un motivo per cui il socialismo di stampo marxista nella versione cubana sia uno dei pochi sopravvissuti al fallimento del comunismo nel XX secolo. Ed è la profonda ostilità al dominio statunitense nel centro e nel Sud America, da parte di gran parte della popolazione. La verità è che qualsiasi alternativa, anche la più controversa, è stata comunemente accettata, piuttosto che subire la solita ingerenza americana.
Stelio Fergola