Roma, 15 dicembre – Si conclude oggi la festa-kermesse di Fratelli d’Italia, “Atreju”, che quest’anno si è svolta nelle cornice del Circo Massimo. Tra conferenze e dibattiti sorge però una domanda: la “Via Italiana”, tema scelto per l’edizione di quest’anno, quale sarà?
Atreju tra partecipazione e Milei
Atreju non ha nulla da dire o non sa dirlo? Effettivamente dopo quasi una settimana di festa rimane veramente poco da commentare: tra sfottò politici ai dem e personaggi scontati ciò che balza agli occhi è un partito al bivio tra le possibilità di un percorso politico che non è ancora carne e nemmeno pesce. Diremo un Atreju di Schrödinger. Infatti le uniche cose degne di nota saltate fuori dalla passerella del Circo Massimo sono due e per altro tracciano percorsi agli antipodi: una è l’intervento del presidente argentino Javier Milei, l’altra l’annuncio del ministro del lavoro Elvira Calderone di intraprendere la proposta di legge sulla partecipazione dei lavoratori alla gestione e agli utili d’impresa. Il dubbio sorge spontaneo: cos’è FdI, la bimba bagnata che sbava sull’ultra liberismo o l’erede del Manifesto di Verona? La faccenda si fa finalmente interessante: la cogestione delle imprese è prevista dall’Articolo 46 della Costituzione, plasmato dall’ex Fascista e corporativista Amintore Fanfani. Un articolo volutamente ignorato per tantissimi anni e di cui proprio il Movimento Sociale Italiano, all’inizio di ogni nuova legislatura, seguiva la prassi di chiederne formalmente l’attuazione. Un eredità culturale della migliore esperienza nazional-sindacalista italiana, partita dall’esperienza Corridoniana per sfociare ovviamente nel tentativo rivoluzionario Fascista della socializzazione delle imprese. Insomma, forse si tratterebbe del primo passo veramente identitario e degno di nota di questo governo che ovviamente richiede uno sforzo di coraggio senza precedenti. Letteralmente: l’MSI finiva sempre subissato dai fischi del PCI (il primo atto di governo ufficiale del CLN fu proprio l’abolizione della socializzazione delle imprese).
Qual è la Via Italiana?
Ora, invitare qualcuno non vuol dire certo adottarne il programma politico, ma la standing ovation per Milei stona per diversi motivi. Sussiste certamente la critica ad ogni sistema parassitario di solo assistenzialismo a fronte di un’economia basata sul lavoro. Crediamo però che quello che intende Milei è diametralmente diverso alle posizioni di una “destra sociale” e non ha proprio nulla di culturalmente rivoluzionario, come invece ha sostenuto la Meloni chiamando sul palco l’ospite. Le parole hanno un peso: se il Premier ritiene rivoluzionario il programma di abolizione sistematica di ogni struttura pubblica come scuola e sanità in favore di un utopistico “capitale umano” e “stato minimo”, la festa invece di Atreju poteva chiamarsi tranquillamente Al Capone. Qui nessuno è fan del capitalismo di stato in salsa Sovietica, ma questo contraltare ideologico anarcoide, libertario e conservatore farebbe comunque rivoltare nella tomba i pensatori di quella “Terza via”, italiana ed europea, che fu la tradizione italiana da Orano ad Olivetti (in mezzo sappiamo benissimo cosa c’è stato e Chi).
Guardare al futuro
È giusto guardare al futuro senza troppi torcicollo. Ecco perché ci sembra giunta l’ora, come affermiamo da tempo qui sul Primato Nazionale, che si arrivi finalmente alla Partecipazione. Un’idea che porta con sé un potente destino organico e rivoluzionario per l’Italia e l’Europa. Socializzare le masse e rendere il lavoro un soggetto politico sono obiettivi avanguardistici che sfidano il capitalismo finanziario “classico” e non hanno niente a che vedere con il liberismo sfrenato e utopico del premier argentino. Ricette per altro già fallite. Due anime sembrano contendersi il destino di Fratelli d’Italia, entrambe possibili e percorribili: una può portare su scenari mai visti, l’altra ci renderà un paese del terzomondo. Una è vanga che scava la terra per fecondarla di lavoro, l’altra una motosega che taglia tutto allo stesso piano.
Sergio Filacchioni