Roma, 20 set – Amazon torna ancora a far parlare di sé. Venerdì scorso a Milano i corrieri che operano per il gigante americano dell’e-commerce hanno incrociato le braccia. Il motivo dello sciopero è l’eccessivo carico di lavoro rispetto ai loro colleghi. Stefano Malorgio, segretario generale Filt Lombardia (categoria dei trasporti Cgil) così spiega le ragioni della protesta: “Un corriere di Dhl o FedEx ha una media di 80-90 stop. Lo stop per intenderci è quando il corriere si ferma per consegnare i pacchi. In Amazon viaggiamo a oltre 150 stop al giorno, e i lavoratori tornano a casa esauriti”. C’è da dire che non si tratta di persone alle dirette dipendenze della multinazionale guidata da Jeff Bezos. I corrieri, infatti, dipendono da società terze. Come spesso avviene l’esternalizzazione è causa di continue violazioni dei diritti dei lavoratori. Secondo i sindacati: “Il lavoro medio giornaliero dei corrieri spesso arriva a 12/16 ore su cinque giorni”. Un rischio non solo per chi è alla guida dei furgoni ma anche per gli altri automobilisti o pedoni. Molti di questi conducenti descrivono anche un ambiente di lavoro fisicamente impegnativo al di fuori di qualsiasi standard di sicurezza. Molto spesso i corrieri sono costretti a guidare a velocità pericolosamente alte, a ignorare i segnali di stop. Dal canto suo l’azienda ribadisce che le condizioni di lavoro nella filiera sono monitorate e sotto controllo. E forse è proprio questo il problema.
Jeff Bezos spesso ci tiene a mostrare la sua azienda come un modello nella gestione del rapporto con i clienti e con i dipendenti. Ma se spesso per accontentare i primi spreme i secondi. In passato addirittura qualcuno aveva pensato di mettere un braccialetto elettronico ai magazzinieri, manco fossero pregiudicati. Per non parlare poi delle assunzioni a tempo indeterminato: un miraggio per chi lavora nei magazzini del magnate di Seattle.
Qualche furbo, però, ha trovato il modo per arrotondare la paga. Secondo il Wall Street Journal alcuni dipendenti hanno ricevuto dipendenti hanno ricevuto del denaro per cancellare i commenti negativi dei clienti. Il quotidiano newyorkese ha rivelato che alcuni piccoli rivenditori soprattutto in Cina avrebbero pagato anche 300 dollari per ogni recensione eliminata. La risposta del colosso di Seattle non si è fatta attendere: “Cancellare commenti solo perché negativi e consegnare informazioni riservate in cambio di soldi sono condotte vietate da Amazon”. Quest’ultima notizia è stata, certamente un brutto colpo per Bezos: la sua immagine di imprenditore illuminato potrebbe essere offuscata. A quanto pare, però, non basteranno le mance agli immigrati per nascondere il lato oscuro di un’azienda che si regge anche sullo sfruttamento dei suoi dipendenti.
Salvatore Recupero
Amazon: tra corrieri in rivolta e dipendenti sotto pressione
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