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Roma, 6 giu – Per comprendere appieno come il progetto cosmopolitico dell’Unione europea dovesse determinarsi nel senso di una dittatura transnazionale del capitale, pur seguitando retoricamente a occultarsi dietro le nobili parole del “Manifesto di Ventotene”, può giovare un pur rapido richiamo al von Hayek delle “Condizioni economiche del federalismo tra Stati” (1939). In questo scritto – è vero – Hayek non pensa primariamente all’Europa. E, non di meno, le sue riflessioni permettono di comprendere appieno – e assai più del “Manifesto di Ventotene”, che pure viene sempre citato dai cultori del pensiero unico europeisticamente corretto – l’odierno dispositivo su cui si fonda l’Unione europea. Hayek immagina che l’unificazione federale tra gli Stati debba avvenire sul fondamento di un single market, con un unico sistema monetario che sostituisca le banche centrali nazionali e indipendenti.
Dalla cessione di sovranità non si torna indietro
In tal maniera – spiega Hayek – si raggiunge il duplice scopo a) della limitazione dell’intervento possibile da parte degli Stati e b) del primato della libera circolazione. Ora, lo Stato che scaturisce dalla federazione dei precedenti Stati non recupera i poteri che essi hanno singolarmente ceduto: se lo facesse, degenererebbe, ad avviso di Hayek, in uno Stato socialista. Ciò, per il paladino del neoliberismo e per gli odierni eurocrati, è massimamente da evitare.
Invece, la costruzione federale di von Hayek si fonda apertamente sul vincolo esterno e sulla diminuzione drastica degli spazi della decisione democratica che esso naturaliter implica. Per questo, il nuovo Stato federale delineato da von Hayek divora la sovranità dei singoli Stati: li lascia in balia del giuoco del libero mercato, privati della possibilità di ogni intervento in stile keynesiano. L’obiettivo della federazione mira, dunque, ad alterare l’equilibrio tra democrazia e capitalismo, a nocumento esclusivo della prima.
Così scrive von Hayek: “In una federazione certi poteri economici che ora sono generalmente detenuti dagli Stati nazionali non potrebbero essere esercitati né dalla federazione né dai singoli Stati”.
La Ue ha realizzato il modello di Hayek
E ciò “implica che ci dovrebbe essere complessivamente meno interventismo governativo perché la federazione sia praticabile”. Nelle sue linee essenziali, l’Unione europea ha realizzato il modello di Hayek e non quello utopicamente delineato dal “Manifesto di Ventotene”. L’Unione europea è il trionfo del liberismo cosmopolitico, non certo del socialismo democratico. Essa ha, così, rivelato la vittoria di classe che, per i dominanti, è stata guadagnata con la fondazione dell’Unione Europea.
Con l’adesione formale alle linee-guida del “Manifesto di Ventotene”, la new left arcobaleno, fucsia e post-gramsciana abbandonava la strada non solo del marxismo più o meno eterodosso (nel caso italiano, quella del partito comunista gramsciano e togliattiano), ma anche quella, più in generale, del socialismo a base patriottica (tale, in Italia, era ad esempio quello di Pietro Nenni). Occultava la propria graduale adesione al dogma liberal-capitalistico dietro un cosmopolitismo che era formalmente quello socialista del “Manifesto di Ventotene” e materialmente quello di Hayek e delle classi dominanti, che può con diritto appellarsi mondialismo capitalistico.
Diego Fusaro