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Altro che femministe: le 5 grandi donne da ricordare

by Ilaria Paoletti
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Roma, 10 mar – Abbiamo da poco passato l’ennesima “festa delle donne” e non ne siamo usciti incolumi: tra sfregi ai monumenti, cartelloni “pecorecci” e tout court bruttezza generalizzata a sfilare nelle vie delle nostre città, si rischia di perdere di vista cosa sia l’essere femmineo, perché esista e, soprattutto, se tutte queste rivendicazioni non siano poi uno sterile chiacchiericcio atto a coprire l’assoluta incapacità di mettere in pratica le proprie competenze. Ecco, oggi ricordiamo cinque donne che, in breve, val la pena ricordare: per le loro imprese, per la loro ingegnosità, per la loro intelligenza ma, soprattutto, perché non hanno mai pensato di vivere in un “mondo di uomini” da rovesciare. Hanno semplicemente vissuto le proprie esistenze senza entrare in competizione con altro se non con i propri limiti: li hanno superati e, adesso, conosciamo le loro storie e le loro vite.

5) Luisa Spagnoli

Il suo nome vi ricorda qualcosa? Bè, certamente la catena di abbigliamento. Molto affine ad una donna, vero? Ma Luisa è stata molto di più. Nata a Perugia da una famiglia di umili origini sposa Annibale Spagnoli e con lui apre una drogheria: qui inizieranno a produrre confetti. Nel 1907 con Francesco Buitoni e Leone Ascoli apre un’azienda con sede nel centro storico di Perugia: è proprio la Perugina. La fabbrica ha quindici dipendenti: quando scoppia la prima guerra mondiale, Luisa rimane da sola a mandar avanti l’azienda. Quando il conflitto è finito, la Perugina ha più di cento dipendenti. Nel 1923 Annibale si ritira dall’azienda. Con ogni probabilità è da questa data che ha inizio la storia d’amore tra Luisa e Giovanni Buitoni, figlio di Francesco (di cui, invero, si sa ben poco: i due non vissero mai nemmeno insieme). Luisa si impegna anche per i propri lavoratori: fonda l’asilo nido dello stabilimento di Fontivegge, anticipando molte innovazioni attuali. E sua l’invenzione del celeberrimo cioccolatino chiamato Bacio Perugina. Non solo: parallelamente a questa attività, Luisa si lancia nell’impresa dell’allevamento del pollame e dei conigli d’angora. Questi ultimi non vengono uccisi, anzi: vengono accuratamente pettinati. Da loro si ricava, infatti, la lana d’angora per i filati. Fonda così, nel sobborgo di Santa Lucia, l’Angora Spagnoli. Purtroppo Luisa non riuscirà a vedere il decollo della linea di moda Luisa Spagnoli: le viene diagnosticato un tumore alla gola. Buitoni, l’eterno amore, fa sì che la donna raggiunga Parigi per garantirle le migliori cure. Ma Luisa muore, nonostante tutto, nel 1935 all’età di 58 anni.

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4) Hedy Lamarr

Nata a Vienna con il nome Hedwig Eva Maria Kiesler, la bellissima Hedy ha rinunciato al corso di laurea in ingegneria per intraprendere la carriera artistica. Nel 1933 è stata una delle prime donne al mondo ad interpretare una scena di nudo in un film: la pellicola si chiama Estasi ed è del regista cecoslovacco Gustav Machaty. L’opera fu censurata. In molti paesi, addirittura, fu tolta dal mercato tanto era lo scandalo. Ma la carriera di Hedy di certo non si arresta per questo: diviene per eccellenza la femme fatale dei film americani, una vera e propria diva.  Partecipa a più di venticinque film e lavora con i più grandi registi insieme alle maggiori star del suo tempo: Spencer Tracy, Judy Garland, Clark Gable e molti altri. Ma ciò che molti non sanno è che la bella Hedy è stata anche una valente scienziata. Nella prima metà degli anni ‘30 incontra George Antheil un compositore d’avanguardia famoso, vicino al movimento surrealista. Antheil è subito colpito da Hedy: “La donna più bella della terra“, dice. E ancora si stupisce quando, una volta giunto a casa sua, trova sulla sua scrivania un gran numero di libri “illeggibili” e di disegni tecnici. Insieme, finalmente, inventano un sistema di modulazione per codifica d’informazioni da trasmettere su frequenze radio, che avrebbe reso possibile comandare a distanza missili e mezzi navali. La diva di Hollywood brevetta quest’invenzione gettando, di fatto, la base della telefonia mobile e dei sistemi wireless.
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3)  Florence Nightingale

Florence nasce nel 1820 da una famiglia britannica estremamente facoltosa, proprio in Italia: da qui il nome, che i genitori mutuano da Firenze. Profondamente credente, Florence dichiarò alla propria famiglia di volersi dedicare alla cura dei poveri e dei malati. I suoi non la presero affatto bene, soprattutto la madre. Ma l’inglesina mostra di avere da subito un carattere molto determinato. Addirittura, temendo che un matrimonio interferisse con la sua missione di infermiera, rifiutò contro la volontà materna la pluriennale corte di Richard Monckton Milnes, politico e poeta: egli sarà poi uno dei suoi più grandi sostenitori. All’epoca la professione di infermiera non era affatto stimata: nell’esercito erano trattate alla stregua di sguattere. Florence da subito capì che questa cosa doveva cambiare: nel 1844 divenne il capo di un movimento di propaganda che si prefiggeva come obiettivo quello di migliorare la condizione delle cosiddette workhouses dei poveri. Allo scoppio della guerra di Crimea, sulla stampa si susseguivano notizie delle pessime condizioni in cui venivano curati i feriti. E così il 21 ottobre 1854 la Nightingale partì: insieme a lei, 38 infermiere volontarie. Raggiunsero la Turchia e si stabilirono a 500 km via mare da Balaklava, ove era situato il quartier generale dei britannici in Crimea. Con l’esperienza sul campo, Florence capì i principali requisiti della cura ai feriti: aria pulita, acqua pura, pulizia, luce, sistema fognario efficiente. Tornò in patria come un’eroina: a lei si deve, in breve, la professionalizzazione del mestiere di infermiera.
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2) Amelia Earhart

Amelia nasce negli Stati Uniti in un’epoca in cui l’aviazione non era un gioco per ragazzi, figuriamoci per ragazze. Nel 1914 Amelia diventa infermiera e presta servizio in un ospedale militare in Canada durante la Prima guerra mondiale. Nel 1920 a soli 23 anni, segue l’affezionatissimo padre a un raduno aeronautico in California. Paga un dollaro: è la prima volta che sale  a bordo di un biplano. Quei dieci minuti le cambiano la vita: decide di imparare a volare. A un anno di distanza dal battesimo del volo (e con l’aiuto della mamma) acquista il suo primo biplano. E arriva il primo record:  raggiunge l’altitudine di 14.000 piedi. Nel 1928 le viene proposto di essere la prima donna ad attraversare l’Atlantico. Amelia accetta. Insieme ai copiloti Stultz e Gordon parte a bordo di un Fokker F.VII, chiamato Friendship. La squadra arriva con successo in Galles, 21 ore dopo. Nel 1931 stabilisce il record mondiale di altitudine: Amelia, infatti, raggiunge i 18.415 piedi. La sua ambizione cresce: nel 1932 tenta la trasvolata in solitaria, prima di lei ci era riuscito solo Lindbergh. E ce la fa: è il 21 maggio  e viaggia a bordo di un Lockheed Vega. Ci vogliono  quattordici ore e cinquantasei minuti da Terranova a Londonderry, nell’Irlanda del Nord.  Seguono altri record: Amelia è la prima donna ad attraversare in volo l’intera America (senza scalo). Diventa anche la prima aviatrice ad attraversare il Pacifico.  A questo punto la sua prossima sfida è il giro del mondo: ci prova ben due volte. Dopo un primo tentativo fallito, Amelia ritenta nel 1937. Parte con il copilota Noonan a bordo dell’Electra. Ma, questa volta, la sfida alle stelle le risulta fatale: Amelia scompare nel nulla tra l’isola di Howland e quella di Nikumaroro. Il presidente Roosvelt mette a disposizione mezzi per quattro milioni di dollari e il marito di Amelia, Putnam, continua a cercarla per molto altro tempo ancora: ma di lei e del suo aereo non si trova più traccia.
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1) Leni Riefensthal

Nata a Berlino nel 1902 da subito dimostrò una verve artistica: studiò balletto, pittura e teatro. Finita la carriera da ballerina a causa di un infortunio, nel 1926 ottiene il primo ruolo da protagonista nel film La montagna dell’amore: immediatamente divenne la star di numerose pellicole. Il suo personaggio era sempre quello di una giovane donna, moderna, prorompente, atletica e soprattutto avventurosa. E non solo: sul set si fa le ossa nella regia, nel montaggio e nella fotografia. Nel 1932 esce La bella maledetta, il primo film da lei diretto. Sono gli anni dell’avvento del Nazismo: la Riefenstahl legge Mein Kampf di Hitler e ne rimane profondamente colpita. Anche lui rimane affascinato da Leni: le affida un cortometraggio in cui ritrarre il congresso del partito tenuto a Norimberga nel settembre 1933. Il film, Der Sieg des Glaubens piacque immensamente ad Hitler, che però ne ordinò la distruzione in quanto vi era frequentemente ritratto Eric Röhm. Nel 1934 la Riefensthal gira Il trionfo della volontà (Triumph des Willens): non un mero film di propaganda ma un vero esperimento registico. La regia era assolutamente innovativa ed inedita: la Riefenstahl si avvalse di teleobiettivi e grandangoli e della potente musica wagneriana. Leni vinse  il Gran Premio all’Esposizione internazionale Arts et Techniques dans la Vie moderne di Parigi del 1937: la prima regista donna a ricevere tale riconoscimento. Nel 1936 Hitler le affidò la realizzazione di un film sulle Olimpiadi di Berlino: il frutto di questo impegno è Olympia, indubbiamente uno dei migliori film dedicati allo sport. Allo scoppio della guerra, Leni seguì le truppe nell’avanzata in Polonia e in altri teatri di guerra. Crollato il fronte occidentale, nel 1945 lasciò Berlino. Venne arrestata dalle truppe americane ma evase: si consegnò solo quando i soldati americani circondarono la casa materna. Leni vive tre anni tra carcere e arresti domiciliari nonché un ricovero per depressione. Ingiustamente ostracizzata alla fine della guerra, negli anni sessanta ritrovò la gioia come documentarista: viaggiò spesso in Africa. Dedicò molto tempo allo studio della cultura Nuba in Sudan. Pubblicò a tal proposito due raccolte fotografiche negli anni settanta, con grande successo. Nel 1972 fu una dei fotografi accreditati alla XX Olimpiade di Monaco. A 71 anni acquisì il brevetto di immersione subacquea: da qui,  una serie di reportage fotografici “sottomarini”. Il suo ultimo film è del 2002. Nel 2003, all’età di centouno anni, sposa un suo collaboratore di quarant’anni più giovane. Pochi mesi dopo, l’8 settembre 2003, si spense nella sua casa in Baviera.
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Ilaria Paoletti

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3 comments

Commodo 11 Marzo 2019 - 11:42

… Peccato non aver citato la leggendaria pilota collaudatrice della Luftwaffe Hanna Reitsch….. La donna che propose al Fuhrer la creazione di un corpo di kamikaze Tedeschi a bordo di velivoli V 1 pilotati…..

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Toni 11 Marzo 2019 - 11:11

Di donne importanti per imprese e esperienze di vita in ogni epoca e parti del mondo la lista è immensa. D’altronde è un dato di fatto che l’elemento femminile è meno colpito di quello maschile dalla banalità del vivere! La discriminazione subita dalle donne più o meno consapevolmente, in ogni tempo e società è messa in atto da politiche impegnate in esaltazioni e imposizioni di poteri e poterini ed il tutto gestito da maschi con l’appoggio di femmine. A tutti auguro di intraprendere con umiltà il cammino della propria crescita umana. Dimenticavo: <>. Buone riflessioni. Toni

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borgio 12 Marzo 2019 - 8:12

La grammatica ….
resta sempre un’opzione per questa “giornalista”

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