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Adunata Alpini: tutti parlano della festa, noi esaltiamo il Silenzio (video)

by Andrea Bonazza
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Udine, 15 mag – Anche questa 94^ Adunata Nazionale Alpini si è conclusa. La città di Udine è tornata al solito tram-tram monotono dopo lunghe giornate e nottate di festa e chaos ordinato. Svuotata da centinaia di migliaia di penne nere giunte in Friuli da ogni dove, gli udinesi tornano a guardarsi in faccia l’uno con l’altro, tra i suoi centomila abitanti, ora malinconici e ancora rintontiti dall’assordante passaggio degli Alpini. L’Adunata Nazionale Alpini è un evento unico nel suo genere; unico corpo al mondo che ogni anno si ritrova tra reduci e reclute, nonni e burbe, “veci” e “bocia”, conquistando le città italiane con centinaia di migliaia di penne nere di ogni generazione. Feste continue della durata anche di una settimana, Inni militari e canzoni popolari che invadono le strade con cori, fiati e altoparlanti, spesso montati su trabiccoli del tutto non-omologati. E poi vino. Tanto vino portato da ogni regione italiana nel trionfo di un sincero baccanale orgiastico inebriato dal nettare italico per eccellenza. Situazioni al limite e oltre, ma mai fuori controllo grazie all’impeccabile servizio di sicurezza volontario dell’ANA (Associazione Nazionale Alpini) e, soprattutto, al senso di responsabilità di ogni penna nera, per quanto possa aver trangugiato ogni tipo di bevanda alcolica.

Orgoglio Alpino

Il Cappello Alpino è un simbolo e una divisa. E’ l’identità e la fierezza di appartenere a un corpo che non ha eguali in tutto il mondo. Per quanto si possa essere ubriachi ed euforici, vestire quel vecchio cappello grigioverde impone una responsabilità che non può essere disonorata, a costo di prendere due ceffoni da un altro camerata nei paraggi. Primi a partire in guerra portando la bandiera ai confini del mondo, in moltissimi casi gli Alpini sono anche gli ultimi a tornare; troppo spesso in casse di legno avvolte dalla bandiera che hanno giurato di difendere e onorare a costo della vita stessa. Dalle guerre coloniali ottocentesche agli sforzi sovrumani nella Guerra Bianca tra il 1915 e il 1918; dall’impresa Dannunziana di Fiume al caldo dell’Africa Orientale o al gelo di Russia; dalle ultime raffiche della Divisione Monterosa nella Repubblica Sociale Italiana alle nuove discutibili guerre dettate dalla NATO, i battaglioni Alpini hanno lasciato su ogni fronte profondi segni indelebili di sangue, onore e lealtà, così come di amicizia e rispetto.

Dalle guerre a ogni emergenza

Ma le penne nere non sono solo guerra: Primi ad arrivare nelle emergenze e nelle calamità più gravi che si abbattono sul nostro territorio e oltre, gli Alpini sono anche il corpo più operativo ed efficiente della Protezione Civile nazionale. Alluvioni, valanghe, tempeste e terremoti non hanno mai fermato l’impeto volontario di chi si è votato a sacrificarsi per la Nazione. Lo sanno bene i friulani che, dopo aver patito in casa la distruzione della prima e della seconda Guerra Mondiale, dopo essere stati gettati, insieme a centinaia di Alpini, dai partigiani titini nelle vicine foibe carsiche, hanno conosciuto la furia di un devastante terremoto che nel 1976 ha ucciso mille persone. Gli Alpini, anche lì, furono i primi ad arrivare, soccorrere, costruire rifugi per gli sfollati e ancora ricostruire sulle macerie di città e paesi fantasma.

Silenzio.

Qualcuno dice che le canzoni degli alpini sembrano preghiere, a volte melodie strazianti come si trovano soltanto nei lamenti di vecchie vedove vestite a lutto ai funerali. Forse, però, da una parte ha ragione… Se i più li conoscono per il loro clima festaiolo, le canzoni degli Alpini esaltano il sacrificio, la bella e maledetta morte e la malinconia per aver perso cari e commilitoni, e aver vissuto parte della propria vita a stretto contatto con inferni e morte. Da qui, probabilmente, arriva la più sentita celebrazione del Paradiso tra le più alte cime immacolate, laddove con il proprio soffice e bianco manto le divinità avvolgono i caduti in un eterno riposo, lasciando andare i figli d’Italia avanti, sulle loro montagne.Ma gli Alpini hanno fatto anche propria una canzone internazionale, una melodia conosciuta da ogni singolo militare, quantomeno occidentale, che ad ascoltarne le note viene pervaso da un profondo senso di devozione nei confronti dei propri caduti: “Il Silenzio”. Suonata magistralmente tra le colonne di piazza Libertà di Udine alla vigilia della sfilata (video) sono però in pochi a conoscerne realmente la storia, o meglio, forse, la leggenda.

Le note del Silenzio dalla guerra civile tra Unionisti e confederati sudisti

Le note del Silenzio affondano le proprie radici oltre un secolo fa, nel lontano 1862, oltreoceano durante la guerra civile americana. Il Capitano dell’Esercito dell’Unione dei nordisti, tale Robert Ellicombe, si trovava con i suoi uomini ad Harrison’s Landing, in Virginia, mentre l’Esercito Confederato dei sudisti era sul fronte opposto. Al seguito di una giornata di aspri combattimenti tra le due fazioni, il campo di battaglia appariva come un gigantesco cimitero insepolto di carne, ferro e divise delle due componenti in guerra. Calata la notte sul fronte bellico, dal suo accampamento il Capitano Ellicombe udì in lontananza gli strazianti gemiti di un soldato ferito provenire dal campo di battaglia. Ignaro dell’appartenenza di questo soldato, se fosse dell’Unione o della Confederazione, il militare decise di rischiare la vita per soccorrere il ferito, compatriota, indipendentemente dai colori. Il Capitano americano si spinse dunque arrancando tra il fango e i cadaveri, chino per evitare di essere colpito dal fuoco del nemico. Rischiando la propria vita, il Capitano raggiunse il soldato, trascinandolo fino al proprio accampamento. Giunto tra le proprie linee e una volta adagiato il corpo , Ellicombe scoprì dall’uniforme del giovane che era un soldato confederato, ormai già morto. Illuminando il viso del soldato nella penombra, con la propria lanterna, il Capitano scoprì ciò che mai si sarebbe immaginato e mai avrebbe voluto vedere. Senza fiato e paralizzato da quella lancinante visione, l’ufficiale constatò che il sudista caduto era suo figlio.

Come un padre che perde il proprio figlio

Allo scoppio della guerra, il ragazzo studiava musica nei territori del Sud e, senza dire nulla alla sua famiglia, spinto dalla propria fede nella causa confederata, si arruolò nell’esercito sudista. L’indomani, all’alba, il Capitano chiese il permesso ai propri superiori di dare al figlio una degna sepoltura, con tutti gli onori militari, nonostante fosse un soldato nemico. Chiese inoltre la disponibilità della banda militare per suonare al funerale del figlio. Per rispetto al padre, i vertici militari acconsentirono concedendo però un solo musicista. Il Capitano scelse allora un trombettiere della truppa per suonare alcune note musicali, che aveva trovato nella tasca della divisa del soldato sudista defunto. Ad oggi non si sa se quelle note furono scritte direttamente dal figlio del capitano, ma anche senza le parole che seguono, la sola melodia che oggi conosciamo come Taps, per noi Il Silenzio, è in grado di provocare in chi ha fatto il militare le stesse emozioni in ogni parte del mondo, provando per sconosciuti caduti di ogni fronte e guerra, lo stesso rispetto e la stessa malinconia di un padre che perde prematuramente il proprio figlio.

Il Silenzio 
Il giorno è terminato, il sole è calato
Dai laghi, dalle colline e dal cielo
Tutto va bene, riposa in pace
Dio è vicino
La tenue luce oscura la vista
E una stella illumina il cielo, brillando chiara
Da lontano, si avvicina
Cala la notte
Grazie e lodi per i nostri giorni
Sotto il sole, sotto le stelle, sotto il cielo
Mentre andiamo, questo sappiamo.

Day is done, gone the sun

From the lakes, from the hills, from the sky
All is well, safely rest
God is nigh
Fading light dims the sight
And a star gems the sky, gleaming bright
From afar, drawing near
Falls the night
Thanks and praise for our days
Neath the sun, neath the stars, neath the sky
As we go, this we know
God is nigh

Ricordare nel Silenzio

Possano queste note insegnare sempre la lealtà e il rispetto, anche tra nemici, e accompagnare in eterno tutti i giovani soldati caduti per la propria Patria, bandiera o ideale. Possano tutti gli Alpini “andati avanti”, indicare sempre la giusta via ai propri camerati che li piangono e li ricordano con le gesta, con i brindisi e nel “Silenzio”.

Andrea Bonazza

A imperitura memoria di Davide, Thomas e dei nostri Caduti

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