Roma, 29 apr – Il Maggiore Adriano Visconti, militare e pilota della Regia Aeronautica e dell’Aeronautica Nazionale Repubblicana, è stato uno degli aviatori operativi durante la Seconda Guerra Mondiale a cui, nonostante la scomoda memoria, si attribuisce grande rilevanza sia grazie alle sue capacità belliche che di comando. Nato nel 1915 e originario di Tripoli, figlio di una famiglia di coloni italiani, entra in forze nella Regia Aeronautica come allievo ufficiale del corso “Rex” dell’Accademia brevettandosi come pilota militare nell’Ottobre 1936. Dallo scoppio della Guerra viene subito impiegato tra le fila delle forze aeree in Africa settentrionale. Combatté sui cieli di Tobruk volando sui Breda Ba. 65 e sui Caproni Ca.310 e nel Dicembre 1940, a pochi mesi dall’inizio delle ostilità, ha già ottenuto due Medaglie d’Argento al Valor Militare e una di Bronzo. Successivamente, nel Gennaio 1941, viene assegnato alla 76ª Squadriglia del 54° stormo Caccia Terrestre e svolge servizio operativo su Malta e nei cieli africani con il Macchi M.C.202. Giovanissimo, il 29 Aprile 1943 è al comando di quella che è probabilmente una delle più impegnative e audaci missioni aeree della guerra. L’allora tenente Visconti guida dodici Macchi M.C.202 del 7º Gruppo all’attacco di sessanta tra Supermarine Spitfire e Curtiss P-40 delle forze alleate. Visconti abbatté un P-40, mentre altri quattro furono accreditati ad altri piloti del 54º Stormo. Per questo fatto per il tenente Visconti fu proposta un’altra Medaglia al Valore, concessa però solo tre anni dopo il suo assassinio. Viene poi promosso Capitano e comandante della 310ª Squadriglia Caccia Aerofotografica, specializzata nell’aero-ricognizione ed equipaggiata con Macchi M.C.205 in una speciale versione modificata a Guidonia.
Seguono poi i giorni della resa incondizionata al nemico. Dopo l’Armistizio e la fondazione della Repubblica Sociale Italiana un uomo, un pilota, una delle figure più carismatiche del momento, chiama a sé tutti coloro che, dopo lo sbandamento generale delle Forze Armate, sono intenzionati a continuare a combattere dalla stessa parte con la quale quella guerra l’hanno iniziata e a non lasciare cielo e terra ai bombardamenti e allo strapotere alleato. Quell’uomo è Ernesto Botto, detto “Gamba di Ferro”, mutilato di Guerra e sottosegretario di Stato dell’Aeronautica Repubblicana. Adriano Visconti è tra i tanti che scelgono di rispondere all’appello di Botto e di radunarsi a Salò. Partecipa attivamente alla costituzione dell’Aeronautica Nazionale Repubblicana e, promosso Maggiore nel Maggio del 1944, viene assegnato al comando del del 1º Gruppo caccia “Asso di bastoni”. Il 1° Gruppo combatte fino alla fine della guerra per difendere il Nord dagli attacchi dei bombardieri alleati. Visconti utilizza diversiaerei: Macchi M.C.202, M.C.205 e Messerschmitt Bf 109G-10. Proprio a bordo di quest’ ultimo velivolo il 14 Marzo il maggiore, insieme ad altri 16 Messerschmitt, intercetta sul Lago di Garda una formazione di B-25 Mitchell del 321th Bomber Group che stava rientrando da un bombardamento. Durante il combattimento, Visconti attacca frontalmente un velivolo nemico, rivendicandone l’abbattimento, ma lo stesso comandante del 1º Gruppo viene colpito e ferito al volto dalle schegge del proprio parabrezza e costretto a lanciarsi.
Dopo il 25 Aprile 1945 la situazione è in totale confusione. E’ il 29 Aprile che Adriano Visconti, resosi conto ormai dell’inevitabile sconfitta, firma a Gallarate la resa dell’ “Asso di Bastoni” in cambio della garanzia dell’ Onore delle Armi. La lettera è controfirmata da rappresentanti del Clnai e Cln e da 4 capi partigiani tra cui Aldo Nasi, futuro sindaco di Milano, deputato e Ministro della Repubblica. Queste sono le firme dell’ accordo tradito. Esso prevedeva la libertà di tutti gli avieri e l’incolumità degli ufficiali del Gruppo con l’impegno di consegnarli alle autorità militari italiane o alleate come prigionieri di guerra. Tutto questo però non succede. I 60 ufficiali e le due ausiliare vengono condotti in una caserma del “Savoia Cavalleria” occupata dalle brigate partigiae garibaldine. Collocati in uno stanzone dell’ex caserma, un partigiano ordina a Visconti di seguirlo e a sua volta il sottotenente Valerio Stefanini, aiutante del Maggiore, lo seguì. Poco dopo vengono udite due raffiche improvvise di mitra che colpiscono i due ufficiali alle spalle. Visconti in ginocchio viene finito con un colpo alla nuca.
Il suo corpo è sepolto nel Cimitero di Musocco a Milano nel campo 10 insieme a centinaia di combattenti della RSI.
Arrestati, fucilati, imprigionati, degradati: questa è la sorte che l’Italia liberata ha riservato a combattenti, soldati e ufficiali che hanno scelto di adunarsi a Salò piuttosto che arrendersi o cobelligerare. Il post guerra ha riservato questo agli avieri, piloti, Arditi e paracadutisti che hanno risposto alla chiamata di Ernesto Botto. Quello che però tali figure hanno lasciato è un netto solco nella Storia aeronautica che non è affatto cancellato dalla sua Tradizione ma che anzi ne rappresenta componente dominante ed essenziale e che gonfia d’orgoglio il nostro petto.
Fabio Di Martino