Roma, 7 lug – Agli albori della cinematografia un genere più di tutti si impose sugli altri, vuoi per essere all’epoca praticamente contemporaneo, vuoi per il fascino dell’avventura: sto parlando del western.
Il western, un genere classico
E mano a mano che passavano i decenni il western classico si è sempre più consolidato, grazie ad eroi come Tom Mix, John Wayne, James Stewart e Robert Mitchum ed a registi del calibro di John Ford, Howard Hawks, John Sturges e Samuel Fuller. Il Mito della Frontiera esaltava l’orgoglio americano, ma anche il valore dell’amicizia maschile, del senso dell’onore e del coraggio. Quando però negli anni ’60 in tutto il mondo si affermava una gioventù più ribelle, che voleva superare lo stretto conservatorismo dei padri, ecco che il western sembrava finire su un binario morto, fino a che, nel 1964, un presso che sconosciuto regista italiano, servendosi di un attore americano poco noto, diede al filone una nuova inaspettata linfa: stiamo parlando di Sergio Leone e di Clint Eastwood, i quali crearono il cosiddetto Spaghetti Western, grazie a Per un pugno di dollari. Il “filone italiano”, caratterizzato da uno spinto pessimismo nei confronti della bontà dell’essere umano e su personaggi decisamente meno manichei nella distinzione tra buoni e cattivi, venne ripreso magnificamente da Sam Peckinpah che, con il suo Il mucchio selvaggio, diede vita al western crepuscolare, che tratteggiava l’inevitabile fine di un’epoca ed il tramonto dei suoi eroi. Nel nostro paese ebbe anche grande successo un sotto genere quasi comico, chiamato Fagioli Western, che vede in Bud Spencer e Terence Hill i suoi massimi esponenti (si pensi solo a Lo chiamavano Trinità…).
La crisi
Nei decenni successivi il mondo però cambiò radicalmente e le pellicole western non colpirono più l’immaginazione dello spettatore, finendo quasi per scomparire del tutto. Nei primi anni Novanta i successi di Balla coi lupi di Kevin Costner, di Gli spietati di Clint Eastwood e de L’ultimo dei Mohicani di Michael Mann sembrarono l’ultimo glorioso canto del cigno di qualcosa che sembrava ormai definitivamente appartenere al passato, tanto più che due di questi tre film approfondivano il punto di vista dei nativi, troppo spesso in passato ridotti a macchiette o a spietati assassini.
La rinascita
Ed invece, con l’arrivo del terzo millennio, sarà perché tutta un’insopportabile subcultura woke liberal ha preso piede (ci hanno provato anche nel western, ma per fortuna con risultati ridicoli a livello di critica e pubblico), ecco che si è sentita ancora la necessità di tornare a percorrere a cavallo quei grandi spazi, a bazzicare sporchi saloon e squallidi bordelli… Così nel 2004 ci ha pensato la straordinaria serie tv Deadwood a riportarci in quel mondo pionieristico, pur aggiungendovi tematiche moderne. La prosecuzione ideale poi l’abbiamo vissuta grazie al western contemporaneo di Yellowstone e di tutto il franchising creato da Taylor Sheridan, che ci mostra un universo lontano anni luce dalla fuffa politicamente corretta: la storia della famiglia Dutton (il cui patriarca è il solito Costner) ha fatto talmente presa nell’immaginario collettivo che persino Carlo Ancelotti in questi giorni è in Montana, in sella ad un cavallo con tanto di cappello da cowboy in visita nei luoghi della serie.
Anche sul grande schermo il genere è tornato protagonista: penso ad Appaloosa, The Hateful Eight (con Quentin Tarantino che fa conquistare l’Oscar a quel’Ennio Morricone il cui nome è indissolubilmente legato a quello dell’amico Sergio Leone), Hostiles o la saga di Horizon, in uscita proprio in questi giorni, voluta fortemente da Kevin Costner, il quale non ha badato a dar fondo ai propri beni pur di ricreare in maniera maniacale quel mondo. Non sono stati da meno neppure i videogiochi, che, con i due Read Dead Redemption, ci hanno regalato una storia da brividi.
E crediamo che il western non morirà mai del tutto perché rappresenta un po’ la vita come la descrive Viggo Mortensen nel finale di Appaloosa: “Ma la vita a volte fa in modo che ciò che sembra prevedibile non accada mai e che l’imprevedibile diventi la tua vita…”.
Roberto Johnny Bresso