Roma, 21 gen – La notte tra il 1 e il 2 febbraio cade la festa di mezzo inverno, una delle quattro feste intermedie del ciclo annuale che anticipano i passaggi stagionali contrassegnati da Solstizi ed Equinozi. La festa che dunque contraddistingue il passaggio dalle brume invernali alle promesse primaverili, è la consacrazione del ritorno alla vita. Nel mondo occidentale si ha ancora eco di questa festa grazie alla tradizione cristiana della Candelora. Il 2 febbraio si celebra la presentazione di Gesù al Tempio e contestualmente la purificazione di Maria dopo i 40 giorni rituali dal parto del primogenito maschio.
Emblema della festa sono una veste candida e, appunto, una candela. La candela sembrerebbe essere un retaggio dell’antica festa di Juno Februata, festività che cadeva tra il 14 e il 15 febbraio in concomitanza con i Lupercalia e in cui le donne procedevano per le strade di Roma con una fiaccola per purificare la città. Sembra che anche il nome “candelora” possa derivare da una festa romana molto simile, la “festum candelarum”, forse addirittura una sovrapposizione tarda proprio alla festa arcaica di Juno Februata. La Giunone della purificazione di febbraio è chiamata Lucina da Ovidio (Fasti, II, 449) e potrebbe anche essere la Juno Sospita il cui dies natalis era proprio il 1 febbraio. A Giunone Lucina rimanda probabilmente anche Candelifera, una divinità antichissima che assisteva e proteggeva le partorienti al momento del parto. Nei tempi prischi la venuta al mondo del nascituro era protetta e accompagnata appunto dall’accensione di una candela dedicata alla dea.
Un’altra festività che cade in questa notte e che è sopravvissuta soprattutto grazie ad alcuni ritorni neopagani è la festa celtica di Imbolc, appunto la festa di mezzo inverno. Imbolc, da un antico termine irlandese che vuol dire “in grembo”, cadeva nel periodo in cui venivano alla luce gli agnellini da latte. Ma la “giurisdizione” di questa festa cadeva sotto le mani della dea Brigid, sorella del dio solare Ogma e divinità materna e guaritrice, nonché signora e guardiana della terra di Avalon. Secondo molti studiosi, la stessa Dama del Lago dei cicli arturiani non sarebbe altro che la dea Brigid, divinità luminosa contrapposta ma complementare alla oscura e divoratrice Morrighan così come la Dama luminosa custode di Excalibur è contrapposta e complementare a Morgana – evidente la somiglianza del nome con quello della terribile dea. La stessa Brigid poi sarebbe stata cristianizzata in Santa Brigida d’Irlanda, la cui festa cade non a caso il 1 febbraio e diventata nell’iconografia agiografica la nutrice di Cristo. Il ruolo di custode di Avalon, terra sacra e dimora dell’ “Altro Mondo” – non inteso come terra d’oltretomba ma come terra “altra” rispetto a quella umana, quindi terra del divino in tutta la sua pienezza – collega Brigid ad altre divinità indoarie. Avalon come “Insula Pomorum”, terra delle mele, riporta ovviamente al Giardino delle Esperidi, custodi delle mele d’oro dell’eterna giovinezza e quindi dell’eternità sovratemporale degli Dei. Ma anche a Idhunn, custode delle stesse mele d’oro dalla stessa valenza mitica e simbolica nel pantheon germanico.
Tutte queste festività collegate con la data del 1-2 febbraio presentano molti punti in comune.
– una divinità materna e benevola: Maria Vergine, Giunone, Brigid.
– la custodia della Luce o di un elemento luminoso: Santa Brigida nutrice di Cristo, Luce che si manifesta non più solo a chi ha saputo vegliare e seguire gli astri (i Magi custodi dei doni d’immortalità e i pastori “Spiriti invisibili Veglianti” come li definisce Evola in “Nota sui Misteri di Mithra”) ma al mondo intero; la custodia delle Mele di Avalon, delle Esperidi o di Idhunn ma anche di Excalibur; Giunone Lucina “che porta alla Luce”, Candelifera che con la sua luce protegge e allontana gli spiriti nefasti nel momento del travaglio; la stessa Brigid il cui nome potrebbe derivare secondo alcuni dalla divinità vedica dell’Aurora Bhrati.
– La purificazione per l’avvento della Luce: la purificazione di Maria; Juno Februata da februare, purificare; le capacità guaritrici e purificatrici di Brigid.
Questo è infatti il periodo dell’anno in cui la Luce nata nel Solstizio d’Inverno inizia a manifestarsi, le giornate iniziano ad allungarsi, il sole inizia a farsi più alto all’orizzonte. È tuttavia una luce ancora tenue, come quella di una candela, che va custodita, protetta e che presuppone un ambiente pulito, purificato per poter crescere e manifestarsi nel massimo del suo fulgore.
Ma vi è un altro aspetto che lega sottilmente queste feste, che pur essendo meno manifesto è molto importante. Un elemento che non a caso avevamo analizzato per la festa opposta e complementare a Imbolc-Candelora, quella di Lughnasad, in cui la Luce che ora inizia a manifestarsi assume invece il suo picco luminoso ed energetico. Parliamo del lucus, il bosco sacro figurazione di quell’Altro Mondo di cui si parlava in precedenza. La Avalon Insula Pomorum di Brigid è ovviamente una figura di questo luogo. Per Ovidio, Lucina oltre che da “luce” potrebbe prendere il nome proprio da lucus. E la Giunone che con le fiaccole purificava la città veniva portata in processione in concomitanza dei Lupercalia, la festa dei Luperci uomini-lupo vestiti di pelle di capro proprio come Juno Sospita che irrompono dal bosco dell’Altro Mondo per fecondare divinamente il mondo umano e terrestre. E dio celtico del lucus è Cernunno, dio dalle corna di cervo il cui nome ha la stessa radice KRN propria di molti termini che indicano la regalità (Corona, Corna, Kronos, Apollo Karneios) ma che potrebbe essere anche la stessa di “Carnevale” che dei Lupercalia è l’erede diretto e che, infatti, si celebra in febbraio. Ma mitologicamente il Cervo è colui che tra le corna porta il Sole nascente, così come le sue corna ramificate prefigurano l’Albero della Vita (quello delle mele d’Oro?) e la cui caccia conduce al Graal.
La porta solstiziale, la Porta degli Dei, aprendosi ha permesso al Sole di entrare e manifestarsi al mondo, ma ha anche aperto questo mondo all’Altro Mondo, i cui abitanti (Luperci, divinità cornute, bestie fatate di Avalon) mostrano una ferinità che evidenzia tanto l’essere “altro” quanto l’essere puro, primordiale, originario. È tra questo dualismo di forze ed energie, che la linea tra luce e tenebre si risolve nella luce delle candele che in questa notte purificano, segnano la via, la indirizzano indicando la strada alla Luce più grande, che si manifesterà da qua a poco nel Mondo e negli uomini che la promessa di luce avranno saputo seguire, fiammelle che scacciando paure ed ombre e facendosi vessillo della fiamma eterna, come Valchirie che annunciano la Vittoria.
Carlomanno Adinolfi e Flavio Nardi
La Candelora, le origini romane e celtiche di una festa che annuncia la Vittoria
423