Parigi, 9 dic – Nessuna rivoluzione, nessun golpe. Almeno per ora. Il IV atto parigino dei gilet gialli, il movimento di protesta che da oltre un mese scuote la Francia, non ha portato alle tanto agognate dimissioni di Macron. La destituzione del monarca repubblicano, finora unica vera rivendicazione politica dei gilet gialli (al di là delle fumose piattaforme programmatiche circolate sui social), con buona probabilità non avverrà. Non tanto a causa dell’impianto istituzionale della Quinta Repubblica, piuttosto “protettivo” nei confronti del presidente, quanto per i limiti politici di un movimento che ha nello spontaneismo la sua forza, ma al tempo stesso la sua debolezza.
L’8 dicembre doveva rappresentare il punto apicale della protesta. Così non è stato per almeno per due fattori: la stanchezza di chi da oltre un mese porta avanti una battaglia politica molto “fisica” e la repressione senza precedenti messa in campo dalle forze dell’ordine francesi. I gilet gialli, in calo di presenze rispetto al sabato precedente, erano 125 mila in tutta la Francia di cui 10 mila a Parigi, mentre i poliziotti erano 89 mila (di cui 8 mila impiegati nella sola capitale). Non serve aver conseguito un master in manifestazioni di piazza per rendersi conto della sproporzione.
Si può dire che il vero protagonista della giornata dell’8 dicembre sia stato il ministero dell’Interno transalpino. Tra blindati speciali della gendarmerie simili a carri armati, granate GLI-4 Tnt con 25 grammi di tritolo, proiettili di gomma “flash ball” e gas lacrimogeni come se piovesse, il centro di Parigi sembrava un teatro di guerra (questo video di Local Team è piuttosto eloquente). E a fronteggiare i manifestanti più che degli agenti anti sommossa sembrava ci fosse un esercito, organizzato per trasformare gli Champs Elysee in una grande trappola. Sistemate agli angoli delle vie d’accesso al grande viale, le squadre anti sommossa sparavano ad alzo zero contro i manifestanti, anche in momenti di relativa tranquillità. Sotto i colpi dei proiettili di gomma e dei lacrimogeni sono finiti anche i giornalisti o le persone anziane che manifestavano pacificamente.
Le forze dell’ordine in questo modo (oltre a causare decine di feriti) hanno evitato sistematicamente il contatto fisico con i dimostranti pronti allo scontro e reso la manifestazione più caotica, evitando così l’effetto “corteo”. Ma le modalità da dittatura sudamericana non si sono limitate a questo: in tutta la Francia sono stati effettuati 1385 fermi e 974 arresti. A condurre questo tipo di operazioni la maggior parte delle volte erano poliziotti in borghese, per le quali è stata coinvolta addirittura la brigata delle teste di cuoio.
Dunque come esce il movimento dei gilet gialli dalla giornata dell’8 dicembre? Sicuramente è ancora un’autentica protesta popolare nonché il fronte più avanzato dello scontro “popolo vs élite”, data la capacità (e soprattutto la determinazione) dei francesi di superare le differenze politiche per unirsi sotto il tricolore rivendicando la propria “sovranità”, scagliandosi contro il campione dell’arroganza al potere: il “turbocapitalista” Emmanuel Macron. Sulla capacità di tenuta e durata della protesta i gilet gialli transalpini hanno già raggiunto livelli impensabili per molte nazioni europee (Italia compresa), ma senza una guida politica e con Macron che tornerà a fare piccole concessioni per calmare gli animi, c’è il rischio che tutto possa scemare.
Chiudendo sulla giornata parigina c’è un fatto che quasi nessuno ha riportato: la differenza tra la protesta della mattina e del primo pomeriggio con quella della sera. Se la mattina agli Champs Elysee abbiamo avuto modo di vedere la Francia reale, quella periferica, in sostanza quella dei bianchi poveri, nel pomeriggio dalle varie banlieue multietniche intorno a Parigi si sono riversati in centro centinaia di vandali dediti quasi esclusivamente ad atti vandalici e sciacallaggio nei confronti di supermercati e attività commerciali. Come testimoniano inequivocabilmente le immagini del nostro reportage.
Davide Di Stefano
(Riprese di Davide Di Stefano e Alberto Palladino)
L'8 dicembre dei gilet gialli, cronaca di una rivolta a metà (reportage video)
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