Budapest, 13 ago – Hanno fatto scandalo le recenti dichiarazioni del premier ungherese Viktor Orban rispetto allo spinoso tema della democrazia liberale, indicata come un sistema oligarchico che ostacola lo sviluppo.
A sostegno della sua tesi Orban ha citato il caso della Russia, della Cina e di altre nazioni in forte crescita rette da regimi decisamente non liberali. Apriti cielo, le vestali del politicamente corretto si sono stralciate immediatamente le vesti, lagnandosi della verginità democratica perduta dalla sfortunata Ungheria vittima del perfido dittatore, la cui colpa più grave comunque resta quella di aver imposto redini governative alla Banca Centrale, ai settori economici fondamentali ed alla magistratura. Cosa, che nelle oligarchie liberali “occidentali” si tende invece a trascurare nel nome dei “diritti civili” e di altre amenità. In effetti, pare anche che Orban sia contrario alle unioni omosessuali: ce ne faremo una ragione, francamente. Addirittura ha inscritto nella costituzione un richiamo al patrono d’Ungheria, intesa come “Grande Ungheria”. Anche lì, non ce ne potrebbe fregare punto.
Non se ne abbia il caro Viktor se chi scrive preferisce chiamare in causa, in sua difesa, non tanto cause economicistiche che lasciano il tempo che trovano, bensì Niccolò Machiavelli, il più incompreso dei nostri pensatori (e forse il più grande, dopo Giovanni Gentile, altro pensatore di cui non si è capito nulla, preferendogli strani guru impelagati con ancor più strani ambienti). Se esiste nella storia della filosofia politica un saggio che è stato sistematicamente travisato quello è “Il Principe”, presentato nelle scuole dell’obbligo italiane (straripanti di raccomandati sindacali) come una sorta di vademecum del perfetto figlio di buona donna. In realtà, il ragionamento machiavellico verte intorno ad un afflato etico a tratti considerato persino utopistico, se questa parole non si adattasse ad una mente lucidamente pessimista come quella del segretario.
Se vuole governare a lungo una volta conquistato il potere, e su questo Machiavelli non lascia spazio ai dubbi, il Principe ha due possibilità: appoggiarsi al popolo oppure ai grandi (ovvero ai ricchi e potenti). Nel secondo caso, ovviamente, sarà spesso costretto ad usare in caso di bisogno “Armi straniere”, come si nota adesso in Ucraina, nel primo caso avrà le “Armi proprie” a lui fedeli.
Ma in realtà, il vero motivo per cui il Principe deve appoggiarsi al popolo è di natura squisitamente etica: i grandi vogliono opprimere, il popolo non essere oppresso.
Da questa considerazione parte una riflessione machiavellica che si mostra nella sua attualità anche oggi, e cioè sul rapporto diretto che il principe, il capo, il leader deve avere con il popolo organicamente inteso. In altre parole, Machiavelli per primo ci dà una lezione su quanto la delega e la rappresentanza siano sostanzialmente deleterie, atte a deresponsabilizzare i quadri di comando permettendo la riproduzione oligarchica tramite la semplice cooptazione. La rappresentanza (che Rosseau giustamente riteneva incompatibile con la democrazia) non fa che trasformare il ceto politico in un’oligarchia di professionisti che difendono i loro interessi, ai quali si aggrega, oggi, una cerchia di “esperti”, di alti funzionari, di tecnici, di banchieri, non eletti ma nominati o cooptati da chi, per carica istituzionale, può decidere di farlo. E gli uni e gli altri s’interscambiano i ruoli in una generale e voluta commistione che comporta una totale irresponsabilità politica.
È questo in fondo il problema del cosiddetto “Populismo”: il popolo che bypassa completamente le oligarchie riconoscendosi in un leader. Un Principe avrebbe detto Machiavelli. Bisogna comunque essere chiari su questo punto: c’è leader e leader. Gli italiani, con il fenomeno berlusconiano prima e grillino poi dovrebbero saperlo più di altri, ma transeat. Quello che preme osservare, in fondo, è semplicemente il fatto che gli ungheresi (come i russi, del resto) hanno trovato un leader che risponde alle loro esigenze e governa. E governa pure bene, ma per gli italiani (in cui l’unico partito di sedicente opposizione non ha una linea e la decide attraverso ridicole consultazioni telematiche) basterebbe persino che governasse male, un leader. Non è nemmeno necessario stravolgere la Costituzione più bella del mondo, perché abbiamo tranquillamente visto con Monti e le sue nefandezze che se vuoi governare lo fai, e te ne freghi delle lungaggini. Certo, sarebbe meglio che chi ha la responsabilità di governare lo facesse negli interessi della maggioranza della popolazione, ovviamente. E pazienza se è contrario alle unioni omosessuali, alla legalizzazione dell’infanticidio o allo ius soli. Di “diritti cosmetici” ne abbiamo anche troppi. È sul piano dei “diritti sociali” che iniziamo a scarseggiare.
Matteo Rovatti