Roma, 7 lug – Il governo giallo-verde fa quadrato sulla vicenda della sentenza che dispone il sequestro dei fondi della Lega a seguito della presunta truffa sui rimborsi elettorali. “Nessun imbarazzo, sono tranquillo” e “dico due cose: se i soldi ci sono, la magistratura li può prendere direttamente; è una vicenda legata al periodo di Bossi, non di Salvini, che dice che i soldi sono stati spesi e che non c’è nessun tesoretto”. Così ieri il vicepremier Luigi Di Maio a Stasera Italia su Rete 4.
“La questione va affrontata per quello che è: la magistratura ha tutti gli strumenti per trovare quei soldi qualora ci siano. Salvini ha detto che sono stati spesi”. Lo ripete, a Repubblica, il capo politico dei 5 stelle e alleato di Salvini al governo. “Io non ho nessun imbarazzo – sottolinea – perché questa storia riguarda i tempi in cui la Lega era guidata da Umberto Bossi“.
Intanto la Cassazione precisa che è “onere dell’imputato” Umberto Bossi “indicare al Pm dove indirizzare le ricerche per rinvenire i fondi allo stato non rinvenuti in disponibilità della Lega ma”, secondo il ‘Senatur’, “esistenti”.
Così si legge nelle motivazioni di conferma del sequestro di beni personali di Bossi fino a 40 milioni, e lo esorta a dire dove sono finiti i soldi che – secondo l’accusa – ha truffato allo Stato. L’ex leader ha sostenuto che i milioni ci sono senza però dire dove. Affermazioni, sottolinea la Cassazione, “allo stato del tutto prive della benché minima specificità”. La discrasia tra i 40 milioni per i quali è stato chiesto e già attuato il sequestro dei beni di Bossi – si tratta di un quinto della pensione da europarlamentare, e di terreni e immobili a Gemonio – e i 49 milioni di euro per i quali la Cassazione tre giorni fa ha dato il via libera al sequestro delle somme in futura disponibilità della Lega, è dovuto al fatto – secondo alcune fonti – che a Bossi e agli altri coimputati condannati con lui in primo grado sono state ‘scalate’ le somme già messe sotto sequestro. Si tratta di circa due milioni trovati sul conto suo e su quello dell’ex tesoriere Francesco Belsito, degli altri beni sequestrati, e di quasi due milioni di euro bloccati alla Lega.
Inoltre, secondo la Cassazione, “è legittimo, ed anzi doveroso aggredire anche, per equivalente, i beni personali dell’imputato sul presupposto della sua intervenuta condanna, pur allo stato non esecutiva”. Al fondatore del Carroccio, inoltre, la Suprema Corte dice che “sarebbe suo onere indicare al pm dove indirizzare le ricerche per rinvenire i fondi allo stato non rivenuti in disponibilità della Lega Nord ma, secondo il ricorrente, esistenti. Sul punto – rileva infine il verdetto – le affermazioni di Bossi appaiono, peraltro, del tutto prive della benché specificità”.
Insomma, al di là del clamore mediatico dei giornaloni anti-governativi e di chi emette sentenze a orologeria – una prassi consolidata da parte della magistratura “schierata” – pian piano sta emergendo che la vicende giudiziarie in questione non deve coinvolgere l’attuale segretario della Lega Matteo Salvini, peraltro investito del ruolo istituzionale di vicepremier e ministro dell’Interno. Altro dato politico non di poco conto: la sentenza non ha comportato spaccature in seno al governo, i 5 Stelle non si sono sfilati dagli alleati del Carroccio.
Adolfo Spezzaferro
Sentenza anti-Lega, Di Maio: "Nessun imbarazzo". Cassazione: "Per Bossi i soldi ci sono, dica dove"
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1 commento
Questa situazione rafforza la coalizione, e a mio avviso esalta la lucidità con cui stanno cercando di guidare la nazione.