Roma, 3 lug – Un incontro diplomatico. L’ennesimo. Per essere il leader di un movimento giovanissimo, senza alcuna responsabilità di governo e senza avere egli stesso alcun ruolo istituzionale, Beppe Grillo sembra riscuotere davvero una incredibile attenzione presso le sedi diplomatiche straniere a Roma. Americane e inglesi, in particolari.
Proprio oggi, per esempio, il leader pentastellato prenderà parte al ricevimento a Villa Taverna, residenza dell’ambasciatore degli Stati Uniti a Roma, per la celebrazione del 4 luglio, festa dell’Indipendenza americana. Nulla di male, per carità, è un incontro mondano, ci saranno decine di invitati, un po’ poco per tracciare il quadro di un possibile asso Washington-Genova.
Il fatto è, però, che Grillo sembra essere un habitué delle ambasciate, con una frequenza piuttosto sospetta rispetto al suo ruolo. Il 4 aprile 2008, per esempio, l’ambasciatore Usa in Italia Ronald Spogli mandava un telegramma al segretario di Stato Condoleeza Rice, parlando di un suo pranzo con Grillo e definendo il blogger come “interlocutore credibile” per la sua capacità di comprensione del sistema politico italiano e la sua denuncia alla corruzione.
Spogli lo riteneva “bene informato, competente sulla tecnologia, provocatorio e grande intrattenitore, una voce solitaria nel panorama politico italiano”, dotata di “un grande potere di attrazione” e “la sua unica miscela di humour aggressivo sostenuto da statistiche e ricerche giuste quanto basta, ne fa un interlocutore credibile sul sistema politico italiano”. Veniva definito come “un ex comico politicamente schietto che ha ottenuto una celebrità mondiale scorticando ogni giorno i politici italiani sul suo blog e organizzando con successo una manifestazione contro la corruzione nel governo alla quale lo scorso autunno hanno partecipato oltre 150 mila persone”. Il blog dell’ex comico veniva definito “un foro alternativo di discussione su questioni che non vengono affrontate dai maggiori media” in cui ci si oppone a “energia nucleare, rigassificatori e inceneritori perché sarebbero tutti progetti destinati a enormi perdite di fondi pubblici a vantaggio di corruzione, mafia o entrambe”. Un quadro davvero apologetico e unidimensionale, anche se forse l’accenno all’opposizione grillina al nucleare spiega tra le righe tante cose.
Ma c’è di più. Lo scorso marzo è lo stesso Grillo a raccontare, sul suo blog, i dettagli di un incontro avvenuto nell’ambasciata inglese nell’aprile dell’anno precedente. Il fatto che lo stesso giorno, nello stesso luogo, ci fosse anche Letta diede luogo a una seri di speculazioni, con tanto di triplice versione su come andarono davvero i fatti. Grillo, in ogni caso, era di nuovo pappa e ciccia con un ambasciatore. Inglese, stavolta.
Ma se ricordiamo i contatti fraterni di Di Pietro (su tante battaglie l’antenato politico di Grillo) con la sede diplomatica americana e teniamo a mente i legami importanti di Farage con gli ambienti finanziari della City, ci accorgiamo che in realtà la funzione di un certo populismo rispetto agli assetti dei poteri che contano è già chiara da molto, molto tempo.
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