Roma, 4 feb – È interessante provare a pensare cosa succederebbe se alle porte dell’Europa bussassero decine di migliaia di giovani fanciulle dell’est in fiore, invece che giovani uomini per lo più africani. Aldilà delle facili battute da bar, è davvero interessante immaginare questo scenario di inversione dei generi, per poter mettere in luce chiaramente uno dei punti forse più oscuri dello sfruttamento che i sostenitori dell’immigrazione di massa fanno passare come causa umanitaria.
Prendiamo in considerazione ad esempio un ghetto come quello della cosiddetta “Giungla” di Calais (nella realtà, lo “slum” è stato comunque sbaraccato alla fine del 2016 proprio a causa di una serie di scandali che includevano abusi sessuali e sfruttamento della prostituzione), ma al posto di circa ottomila giovani uomini, a fronte di poche centinaia di donne, ipotizziamo la presenza dello stesso numero di giovani russe, bielorusse e ucraine, che affermano di avere anche meno anni di quelli che in realtà hanno, per rientrare sotto l’ombrello dei “profughi minorenni non accompagnati”. Gli operatori umanitari si sarebbero probabilmente accalcati a frotte per “accompagnarle” e “prendersene cura”.
Cosa avrebbero detto le femministe ed i media, a quel punto? Come avrebbero definito gli hotel prestati alla causa dell’immigrazione e farciti di ragazze senza documenti che dicono di avere diciasette anni, se non “bordelli”? Avrebbero naturalmente gridato al traffico di esseri umani, allo stupro ed alla pedofilia. E non avrebbero avuto tutti i torti. Ma quando invece le cose stanno come stanno, e le masse irregolari sono composte per più dell’80% da giovani uomini (con picchi del 98.8% dal Pakistan, 98.3% dal Senegal, 98.9% dal Gambia, e “solo” 78.1% dalla Nigeria)?
Abbiamo esempi sconcertanti provenienti da tutta Europa, storie abominevoli di operatrici umanitarie scoperte a fare sistematicamente sesso con “minorenni” rifugiati: dalla politica svedese accusata di stupro nei confronti del giovane rifugiato che aveva in affido nella provincia di Göteborg, alla guardia carceraria svizzera fuggita presumibilmente in Siria con un clandestino arrestato per lo stupro di una quindicenne, passando per le volontarie danesi che ammettono a cuor leggero di avere rapporti con i migranti nei centri di accoglienza “perché anche loro hanno delle urgenze fisiche”, o per quelle inglesi che prendevano il traghetto per la già citata Calais con il medesimo fine, come Clare Moseley, una delle donne a capo dell’organizzazione per la cura dei rifugiati nella “Giungla”, che predicava tolleranza zero nei confronti delle cooperanti che facevano sesso con i rifugiati, almeno fino a quando non è saltato fuori il suo diretto coinvolgimento nelle squallide tresche. Sono decine e decine queste storie, di dimensioni più o meno grandi. Sono tutte uguali e come nella maggior parte delle storie che passano per l’emergenza immigrazione, “due pesi, due misure” è ormai una regola all’ordine del giorno.
Alice Battaglia
Immigrazione e sesso: dov’è finito il femminismo?
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2 comments
premetto che questo giornale è davvero prezioso, per quanto riguarda il contenuto dell’ articolo non posso non concordare,
probabilmente se la maggior parte dei migranti fossero donne, l’ estrema destra sarebbe quelli di metoo ahhaha
La solita vergognosa ipocrisia comunista e sinistra,lo sanno anche i muri che una delle mete preferite del turismo femminile e femminista è il suolo capoverdiano dove ragazzoni ben pagati e ben pasciuti mettono a disposizione il loro patatone alle grintose turiste europee e non……… ovviamente anche ai grintosi turisti poiché i sodomiti non mancano mai……… auguroni al mondo ipocrita e sorosiano del femminismo pro invasione.